BEI: stop al finanziamento delle fonti fossili, per la decarbonizzazione e la transizione energetica green
Le fonti energetiche fossili sono incentivate più di quanto non lo siano le fonti rinnovabili, una distorsione che oggi è anacronistica oltre che inefficiente (anche) dal punto di vista ambientale, economico e sanitario.
La Banca Europea degli Investimenti (BEI) ha deciso di azzerare entro il 2020 i propri finanziamenti ai progetti collegati alle fonti energetiche fossili: questo orientamento emerge da un recente report rilasciato dalla BEI stessa ad illustrazione delle proprie politiche energetiche, in cui annuncia di voler "accrescere il proprio sostegno alla transizione energetica nell’Unione Europea".
Si tratta di finanziamenti destinati alla "produzione di petrolio e gas, a infrastrutture principalmente dedicate al gas naturale, alla produzione di energia o calore basato su combustibili fossili", che negli ultimi 4 anni sono stati pari a 7,9 miliardi di euro, equivalenti al 21% del totale dei fondi complessivi erogati dalla banca: si tratta di finanziamenti concessi primariamente verso grandi gasdotti come il Trans Adriatic Pipeline (TAP), sostenuto con 1,5 miliardi di euro, e verso impianti di grandi dimensioni.
Questo impegno è attuato in coerenza con gli obiettivi dell'Accordo emerso dalla COP 21 di Parigi: si tratta di un impegno storico,di grandissima portata, ma effettivamente non scontato dato che deve essere ratificato dai 27 Governi dell'Unione (per tramite dei propri Ministri delle Finanze, che costituiscono il Consiglio dei governatori della BEI) dentro un percorso di valutazione che partirà a settembre 2019: in particolare gli Stati dell’Europa orientale, ancora fortemente dipendenti dal carbone, potrebbero opporsi in maniera significativa.
Si tratta però di un passo importante, davvero storico, indice delle urgenti necessità ambientali dei tempi moderni oltre che dei recenti orientamenti della neo presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, la quale ha promesso di voler trasformare l’istituto in una "banca per il clima".
Le prospettive appaiono molto interessanti.
Lo Staff di Rete Clima