Cambiamento climatico e resilienza (delle specie vegetali)
Nell'ambito della VI° assemblea annuale di Lter Italia (Rete Italiana per le Ricerche Ecologiche di Lungo Termine) svolta lo scorso 29 e 30 marzo 2012 a Roma, è stato presentato il volume ‘La Rete italiana per la ricerca ecologica a lungo termine’, a cura dell’Istituto per lo studio degli ecosistemi del Cnr (Ise-Cnr) di Verbania.
La pubblicazione è frutto di una raccolta di dati e misure da 22 siti nazionali caratterizzati dalla presenza delle principali tipologie di ecosistemi del nostro Paese (in aggiunta due siti esteri, in Antartide ed in Himalaya), condotti da diversi ricercatori di svariati Istituti italiani.
I risultati parlano ancora una volta di riscaldamento climatico inequivocabimente in atto, che determina un aumento della temperatura media in quota (+ 0,76°C in dieci anni) e nelle acque, una contrazione degli habitat verso la cima dei monti, il rallentamento nella crescita vegetale ed il prolungamento del periodo vegetativo delle foreste.
Un segnale preoccupante è legato proprio al rallentamento della crescita vegetale, ben è evidenziato -ad esempio- dal monitoraggio condotto dal Corpo Forestale dello Stato nelle foreste di Tarvisio (FVG) che negli ultimi 10 anni ha registato una diminuzione del tasso di crescita vegetale di circa il 27% rispetto al periodo 1995-2000: una riduzione della crescita che comporta una parallela riduzione nella capaità di assorbimento forestale della CO2, ulteriormente accentuata nelle annate secche.
Tale adattamento vegetale al clima che cambia è ulteriormente confermato dai risultati di un recente studio operato da un team di ricercatori dell’Università Pablo de Olavide (Spagna), i quali prevedono che il progressivo riscaldamento del clima andrà a trasformare il paesaggio dell’area mediterranea, danneggiando dapprima le specie più sensibili e riducendone la diffusione fino alla scomparsa.
Se infatti gli alberi hanno un alto livello di resilienza, ovvero capacità di adattamento a variazioni nei fattori ambientali (quali, in primis, livelli di temperatura e di umidità) provvedendo al rallentamento fisiologico della crescita, dell’approvvigionamento del nutrimento dalla terra e di assorbire acqua, il problema sta nella velocità con cui queste variazioni climatiche stanno avvenendo.
Le parole del professor Linares (coautore dello studio spagnolo): “In passato ci sono stati cambiamenti climatici superiori rispetto a quelli che stiamo vivendo, che hanno costretto le specie a rispondere, però giocando con un elemento chiave: il tempo”.
Se infatti le condizioni climatiche sono storicamente variate nel corso di tempi molto lunghi (migliaia di anni), le specie si sono potute adattare sulla base nei "normali" meccanismi evolutivi, di adattamento biologico: i cambiamenti attuali sono invece molto rapidi, provocando variazioni climatiche con una rapidità che non hanno precedenti nella storia e mettendo a rischio la possibilità di adattamento biologica.
Questi studi non fanno che confermare che gli organismi biologici stanno cercando di adattarsi alla rapida mutevolezza delle condizioni ambientali, ma non è detto che tutti facciano in tempo.
Lo Staff di Rete Clima®