Centrali a carbone in Italia: esternalità ambientali e sanitarie per i cittadini
Nei giorni scorsi Greenpeace ha presentato a Roma un report commissionato al centro di ricerca indipendente olandese SOMO, il quale presenta i costi ambientali e sanitari del carbone impiegato nelle grandi centrali termoelettriche nazionali (con particolare riferimento alle centrali Enel).
Si parla di carbone, la cui combustione determina la nascita di esternalità ambientali e sanitarie rilevanti, cioè costi non sostenuti da chi li origina (Enel) ma spalmati sulla collettività.
Ma perchè Enel? Secondo Andrea Boraschi (Reponsabile energia e clima Greenpeace Italia, in fase di presentazione del report): "In Italia si produce il 13% d'elettricità da carbone e di questa percentuale il 70% lo fa Enel. E l'azienda ha inserito a pieno titolo nel suo sviluppo strategico il carbone con l'obiettivo di portare la quota di produzione nazionale da questa fonte al 20%".
I risultati dello studio sono rilevanti, ed è leggitimo chiedersi come siano stati ottenuti questi risultati. Ebbene, proprio per garantire una oggettività dei risultati ed essere quindi inattaccabili nei risultati, il gruppo di ricerca SOMO ha adottato la metodologia di ricerca realizzata dal programma europeo CAFE (Clean Air for Europe), utilizzata per stimare gli impatti sanitari dell'inquinamento anche dall'EEA (Agenzia Europea per l'Ambiente) e dall'OMS (Organizzazione mondiale della Sanità).
Massimo Scalia (fisico operante presso l'Università La Sapienza di Roma) durante la presentazione del rapporto: "Si tratta di una scelta che va contro la difesa dell'ambiente. Il carbone, infatti, emette ben 800 grammi di CO2 per kWh contro i 250 del gas naturale".
Oltre alla CO2 (la cui emissione dalle centrali nazionali a carbone è stata pari a 39,3 milioni di tonnellate nel 2009), contando anche le rilevanti emissioni di PM10, di NOx e di SOx i danni economici non sostenuti dal produttore (esternalità) nel 2009 sono stai quantificati in oltre 2,6 miliardi di euro, di cui 1.308 milioni di costi esterni per inquinamento e 1.320 milioni di costi esterni collegati alla CO2, come evidenziato nella tabella a seguito:
Lauri Myllyvirta (Economista di Greenpeace International): "Le centrali a carbone emettono grandi quantità di sostanze precursori del particolato come SOx e NOx. Ai quali si aggiungono il monossido di carbonio, una serie di metalli pesanti, i composti organici e gli isotopi radioattivi. E la minaccia principale è quella del PM 2,5 al quale è collegato il 90% delle morti premature nelle persone che sono sottoposte a un'esposizione a lungo termine".
Secondo lo studio, infatti, la produzione elettrica da carbone di Enel ha determinato nel 2009 ben 366 morti, contro le 94 delle altre fonti fossili.
Come già indicato anche nel precedente report di Greenpeace, le situazioni più insostenibili sono legate alla riconversione a carbone di Porto Tolle ed alla centrale Federico II di Brindisi, al primo posto per l'inquinamento in Italie ed 18° posto per inquinamento in Europa (secondo dati EEA).
Proprio in riferimento alla centrale Federico II di Brindisi, Giuseppe Onufrio (Direttore di Greenpeace Italia): "È un impianto che se si dovessero contabilizzare i danni ambientali che sono di 707 milioni di euro l'anno, andrebbe chiuso subito. Si tratta di una somma, infatti, maggiore di quanto l'impianto faccia guadagnare a Enel. Con questa centrale Enel produce a costi di 20 euro a MWh e vende a 62: i costi sanitari sono pari a ciò che incamera".
D'altronde i rilevanti costi ambientali del carbone non sono certo una novità!, ma è curioso considerare il fatto che alcune attiivtà industriali possono restare sul mercato solo perchè........non pagano tutti i costi che queste stesse originano!
Un po' troppo comodo, visto che poi è sempre la collettività che indirettamente sostiene questi costi.
Lo Staff di Rete Clima®