Bozza del nuovo report IPCC (AR6): prospettive di impatti climatici devastanti
"Le scelte che le società fanno ora determineranno se la nostra specie prospererà o semplicemente sopravviverà mentre si svolge il XXI secolo"
"La vita sulla Terra può riprendersi da un drastico cambiamento climatico evolvendosi in nuove specie e creando nuovi ecosistemi, […] gli esseri umani non possono"
IPCC
Una bozza della prossima relazione del Gruppo II (WG2) dell’IPCC (Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico dell’ONU), relativa agli impatti dei cambiamenti climatici, è stata ottenuta da Agence-France Presse (AFP), che ha pubblicato una serie di articoli sui suoi contenuti non ancora resi pubblici ufficialmente.
L’ultima analisi globale dello stato del clima da parte dell’IPCC, il quinto report (AR5), risale al 2014; gli scienziati stanno attualmente completando la sesta valutazione (AR6), con il rilascio della prima parte (WG1) sulla scienza fisica dei cambiamenti climatici previsto per il 9 agosto.
Il WG2 si occupa in particolare degli impatti del cambiamento climatico e dell’adattamento allo stesso. Il documento costituisce senza dubbio un punto di riferimento, una bussola, per la definizione degli scenari climatici e delle decisioni politiche a riguardo. Purtroppo, verrà pubblicato in forma definitiva solo a febbraio 2022, troppo tardi per la Cop26 in programma a novembre a Glasgow, e per i prossimi vertici Onu su clima, biodiversità e sistemi alimentari.
In seguito alla diffusione della bozza, L’IPCC ha ricordato, in una nota stampa, che:
"I draft reports [come quello ottenuto da Agence-France Presse] sono forniti ai governi e ai revisori come documenti di lavoro riservati e non devono essere distribuiti e citati pubblicamente. Per questi motivi, l'IPCC non commenta il contenuto delle bozze di report mentre i lavori sono ancora in corso”.
Per capire questa reazione, occorre ricordare che i report IPCC passano attraverso un ampio processo di peer-review, uno tra i più esaustivi di qualsiasi documento scientifico: ad esempio, il solo WG1 AR6 ha generato 74.849 commenti di revisione da parte di centinaia di revisori, mentre un normale articolo pubblicato su una rivista peer-reviewed viene esaminato solo da due o tre esperti. Ogni capitolo subisce due turni di revisione scientifica, prima da revisori esperti super partes e poi dai rappresentanti ed esperti governativi.
Il contenuto della bozza IPCC
“Le minacce al cambiamento climatico per la vita sulla Terra sono sistemiche, interconnesse e su una scala senza precedenti nella storia umana.”
IPCC
Secondo la bozza IPCC, anche un riscaldamento di 2°C rispetto ai livelli preindustriali, non oltre, quindi, la soglia massima accettabile indicata nell'Accordo di Parigi, potrebbe comportare sfide nell'adattamento che non siamo ancora in grado di affrontare e renderebbe concreto il superamento di "punti di non ritorno" che ci trasporterebbero in automatico ben oltre questa pericolosa soglia.
L’agenzia evidenzia in particolare quattro punti chiave della relazione:
- la temperatura media globale è aumentata di 1,1° C rispetto all’epoca preindustriale, il che ha già portato profondi cambiamenti nel clima. Con i trend attuali, ci stiamo dirigendo al minimo verso i +3°C, ben oltre l’obiettivo sancito dall’Accordo di Parigi di limitare il riscaldamento globale “ben al di sotto” di 2°C;
- l’umanità deve prepararsi ed adattarsi a questa nuova realtà;
- i "punti di non ritorno" (i cosiddetti “tipping points”) del sistema climatico, finora non sempre inclusi nei modelli e scarsamente compresi, sono una minaccia di cui tenere conto;
- è ancora possibile agire per evitare scenari peggiori e per prepararsi a quegli impatti che purtroppo non possono essere evitati.
Vediamo ora più in dettaglio il contenuto della bozza di report, come diffusa da AFP.
Occorre adattarsi
Il messaggio contenuto nella bozza del report riguardo all'adattamento è chiaro: non stiamo facendo abbastanza. Non siamo pronti ad affrontare nemmeno gli scenari che contengono il global warming a soli 2°C.
“Gli attuali livelli di adattamento saranno inadeguati per rispondere ai futuri rischi climatici”
IPCC
Le motivazioni di questo avvertimento sono diverse. Di seguito riportiamo alcuni esempi.
Entro il 2050, decine di milioni di persone in più rischiano di dover soffrire la fame cronica. L'80% della popolazione a rischio di fame vive in Africa e nel Sud-est asiatico. Infatti, gli eventi meteorologici estremi, resi più frequenti dal cambiamento climatico, colpiranno sempre più regolarmente la produzione alimentare.
Se a ciò aggiungiamo la diminuzione dell'approvvigionamento idrico e l'innalzamento del livello del mare, si arriva a stimare che, entro il 2050, tra i 30 e i 140 milioni di persone saranno probabilmente costrette ad emigrare all'interno dell'Africa, del Sud-est asiatico e dell'America latina.
Con un aumento della temperatura media globale di soli 1,5°C, il 14% della popolazione mondiale sarà esposta a forti ondate di calore almeno una volta ogni cinque anni. Già oggi, un pericoloso mix di temperature più elevate e condizioni di siccità prolungate ha fatto sì che la stagione degli incendi sia più lunga in tutto il pianeta, con un raddoppio delle aree che potenzialmente potrebbero prendere fuoco.
Il report traccia un quadro drammatico anche per le città costiere. Entro il 2050, i terreni che attualmente ospitano 300 milioni di persone saranno soggetti ad inondazioni annuali.
Da ultimo anche la nostra salute sarà colpita: in un pianeta più caldo aumentano le zone abitabili per le zanzare e altre specie portatrici di malattie, al punto che, entro il 2050, metà della popolazione mondiale potrebbe essere esposta a patogeni vettoriali come dengue, febbre gialla e virus Zika.
Se il pianeta si riscalda di 2,5°C sopra i livelli preindustriali, nei prossimi decenni, in alcune località oggi densamente abitate la temperatura di bulbo umido (TW, una misura della combinazione calore-umidità) "supererà regolarmente" i 35°C. Un adulto umano sano non può sopravvivere con una TW superiore ai 35°C, anche all'ombra e con una fornitura illimitata di acqua potabile. Per non parlare delle morti dovute a infarti, attacchi di cuore e disidratazione, a causa delle alte temperature, anche al di fuori di queste località.
Come per la maggior parte degli impatti climatici, gli effetti sulla salute umana non si manifesteranno nello stesso modo in tutto il mondo: insomma, noi e i nostri figli vivremo in un mondo in cui le diseguaglianze saranno più profonde.
I Tipping Points, protagonisti della bozza IPCC
Gli scienziati del clima sono sempre più preoccupati che il riscaldamento globale possa innescare punti critici - i cosiddetti "tipping points" - nel sistema terrestre, il che porterebbe a disastri diffusi e probabilmente irrevocabili.
"Un punto di non ritorno del clima (tipping point) è dove un piccolo cambiamento fa una grande differenza e cambia lo stato o il destino di un sistema"
Tim Lenton, Università di Exeter
Si tratta di meccanismi a domino in cui un processo rinforza sé stesso (il “punto di non ritorno” è superato quando il fenomeno si autoalimenta) e rinforza altri processi finché anch’essi si autoalimentano.
Ciò è ben rappresentato dal classico gatto che si morde la coda: ad esempio, quanto più la temperatura aumenta tanto più i ghiacci fondono, quanto più i ghiacci fondono tanto più la superficie scura al loro posto assorbe radiazione solare (invece di rifletterla), aumentando la propria temperatura, e così via. Il fondersi della calotta groenlandese, poi, può alterare la circolazione oceanica, causando l’accumulo di calore nell’Oceano Antartico e favorendo così il fondersi dei ghiacci antartici, e così via, con influenze a cascata potenzialmente globali.
Nei precedenti report dell’IPCC questi meccanismi non erano sempre considerati, essendo la loro comprensione ancora limitata. Ora la conoscenza delle soglie oltre le quali questi meccanismi si attivano sta migliorando e la comunità scientifica è concorde nel ritenerli un pericolo contingente da non sottovalutare, in particolare in relazione alla possibilità di impatti compositi e a cascata.
Secondo AFP, la bozza del report IPCC descrive almeno 12 potenziali “punti di non ritorno”, tra cui appunto la fusione dei ghiacci groenlandesi e dell’Antartide dell’Ovest, che supererebbero il punto di non ritorno anche a +2°C, con un innalzamento totale conseguente del livello marino di 13 metri (su tempi scala di alcuni secoli). Allo stesso livello di riscaldamento, anche il 15% del permafrost artico, il suolo congelato che contiene metano, si fonderebbe rilasciando in atmosfera da 36 a 67 miliardi di tonnellate di carbonio. C'è poi la possibilità che metà della foresta pluviale amazzonica si trasformi in savana, così da divenire non più un assorbitore ma, al contrario, un emettitore netto di carbonio.
"Il peggio deve ancora venire, e riguarderà la vita dei nostri figli e nipoti molto più della nostra", si legge nel rapporto.
Dobbiamo ridefinire il nostro modo di vivere e di consumare
La bozza di rapporto delinea un quadro davvero preoccupante, ma l’IPCC sottolinea che "si può fare molto per evitare gli scenari peggiori e prepararsi a impatti che non possono più essere evitati". Cosa suggerisce?
Occorre conservare e ripristinare i cosiddetti ecosistemi “blue carbon”, ad esempio le alghe e le foreste di mangrovie, che possono migliorare gli stock di carbonio e proteggere dalle mareggiate, oltre a fornire habitat naturali, mezzi di sostentamento per le comunità costiere e sicurezza alimentare.
Bisognerebbe poi consumare meno carne e prodotti animali: il passaggio a diete maggiormente a base vegetale potrebbe ridurre le emissioni legate al cibo fino al 70% entro il 2050.
Azioni spot non sono però sufficienti. Devono essere necessariamente accompagnate da una rivoluzione sistemica della nostra società.
“Abbiamo bisogno di un cambiamento trasformazionale che operi su processi e comportamenti a tutti i livelli: individuo, comunità, imprese, istituzioni e governi. Dobbiamo ridefinire il nostro modo di vivere e di consumare", concludono gli scienziati dell’IPCC.
ET per Rete Clima
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