Profughi climatici: “Il mondo comincia a prendere coscienza delle migrazioni climatiche”

A seguito del recente forum "Conversations about Climate Change Adaptation: Displacement, Migration and Planned Relocation" organizzato dalla Brookings Institution a Washington ad inizio Ottobre, il  Dipartimento di Stato Usa ha preparato un documento "Climate Migration - Gains the World's Attention” in cui si legge testualmente: “L'evoluzione del clima non è solamente responsabile dell'innalzamento del livello dei mari e di periodi di siccità nefaste per le colture: spinge anche un numero crescente di persone a lasciare le loro case per altri orizzonti”.

Susan Martin (Georgetown University) al Convegno del Brookings Institution: “Lo vedete in Bangladesh e in Cambogia e in altri Paesi che parlano dell'aumento di cattivi raccolti delle penurie alimentari e delle migrazioni, in particolare dell'esodo rurale. L'Eritrea e l'Etiopia tengono conto dei loro antecedenti migratori nelle loro strategie di fronte alle siccità a ripetizione, mentre la  Gambia parla del carattere imprevedibile della stagione delle piogge che colpisce i movimenti della popolazione”.

Robin Mearns (specialista di cambiamento climatico della Banca Mondiale), al forum di  Washington: "Meglio pianifichiamo i reinstallamenti e le migrazioni, meno i futuri spostamenti saranno costosi e perturbatori. Le stime del numero di persone che dovranno la sciare la  loro regione a causa dei cambiamenti climatici variano considerevolmente. Oscillano tra centinaia di milioni e solamente migliaia". (…)

E poi: “Il degrado dell'ambiente non è che una ragione tra le altre che incitano le persone a partire, e  quando un avvenimento catastrofico, per esempio un'inondazione, è terminato, molti ritornano a casa. I cambiamenti climatici hanno la tendenza ad amplificare i flussi migratori esistenti e non a provocarne altri interamente nuovi. Sappiamo che le migrazioni legate al cambiamento climatici prenderanno essenzialmente la forma, con tutta probabilità, di movimenti provenienti dalle zone rurali verso le città all'interno dei Paesi in via di sviluppo  e che la  maggioranza dei migranti a livello mondiale, compresi  quelli in cui gli spostamenti sono provocati dai cambiamenti climatici, resteranno probabilmente nei loro Paesi, invece di passare le frontiere internazionali".

La logica del "climate-induced displacement, migration and planned relocation" vuole quindi che i Paesi del nord del mondo investano denari nei PVS per un loro miglior adattamento alla crescente variabilità climatica ed alla conseguente verosimile riallocazione intra-nazionale dei loro cittadini.

 

Lo Staff di Rete Clima®