Nature positive: l’origine, i target, le iniziative politiche e imprenditoriali (economia climate positive)
“Intraprendere un'azione urgente in tutta la società per arrestare e invertire la perdita di biodiversità e raggiungere un mondo nature positive entro il 2030, in modo che nel 2030 ci sia più natura rispetto al 2020” - Missione al 2030
Scienziati, organizzazioni ambientaliste (come WWF, Birdlife International), ma anche gruppi rappresentativi del mondo degli affari (WRI, Business for Nature e altri), chiedono che la cosiddetta “missione al 2030” per un mondo nature positive sia aggiunta al “Quadro globale per la biodiversità post-2020”.
Il “Quadro globale per la biodiversità post-2020” - cioè valido per il decennio 2021-2030 - sostituirà il piano strategico 2011-2020 e dovrebbe essere adottato durante la 15ª Conferenza delle Parti (COP15) della Convenzione delle Nazioni Unite sulla diversità biologica (CBD), che si terrà dal 7 al 19 dicembre 2022 a Montreal, in Canada.
Sarà l'equivalente naturalistico dell'Accordo sul clima di Parigi e includerà obiettivi per tutta la società nel suo complesso, al fine di raggiungere la visione per il 2050 di "vivere in armonia con la natura".
Il tema è ampio e non riguarda solo la CO2, che pure oggi è un riferimento nella riflessione e nell'azione della società civile e delle Aziende, ma che rischia di banalizzare il più ampio tema della salvaguardia ambientale e della tutela della biodiversità.
Ma cosa si intende per “nature positive”?
Storia del concetto di “nature positive”
Il concetto di nature positive non è nuovo. Già nel 2019 lo stesso gruppo di associazioni aveva avviato una consultazione su come sviluppare l'equivalente del target net zero per il clima anche per la natura.
Nel 2020, in occasione dell’Assemblea generale dell’Onu e del Biodiversity Summit, esse presentarono la richiesta di adozione di un Global Goal per la Natura.
Infine, nel 2021 venne pubblicato un documento intitolato “Embracing a Global Goal for Nature”, firmato da Johan Rockström, direttore dell'Istituto di Potsdam per la ricerca sull'impatto climatico, Harvey Locke e dagli amministratori delegati delle associazioni, che contiene le argomentazioni scientifiche alla base della necessità di creare un tale goal.
Le ragioni per creare un Global Goal per la natura
Dall'aria che respiriamo, all'acqua che beviamo e al cibo che mangiamo, la natura fornisce gli elementi essenziali per la nostra sopravvivenza e il nostro benessere. Purtroppo, a partire dalla rivoluzione industriale e soprattutto dagli anni ’50 del secolo scorso, le attività umane hanno raggiunto una scala tale da ridurre la resilienza del pianeta e da mettere in pericolo la stessa sopravvivenza nostra e delle generazioni future.
Le attività umane hanno già alterato il 70% della superficie terrestre: circa il 50% degli ecosistemi terrestri naturali sono stati convertiti dall'uomo in terreni agricoli e aree urbane. L'agricoltura, la pesca intensiva, l'estrazione mineraria e la deforestazione ci hanno fatto superare quattro dei nove "confini planetari", tra cui lo stato di salute della biodiversità.
Siamo nel mezzo della sesta estinzione di massa, con più di 1 milione di specie a rischio estinzione, molte delle quali entro pochi decenni.
Insomma, il riscaldamento globale è solo una delle tante indicazioni dell’incremento esponenziale della pressione umana sulla Terra, pressione ormai non più sostenibile e che ci sta portando fuori da uno “spazio operativo sicuro” (safe operating space).
Nature positive: natura ed economia
Le conseguenze si fanno sentire anche in altri ambiti della società, come quello economico.
Quando parliamo di natura, infatti, non ci riferiamo solo alle specie viventi, ma anche a tutti i sistemi fisici del pianeta e alle loro interazioni con i viventi.
Queste risorse si possono classificare in vari "regni" inanimati (terraferma, acqua dolce, oceani, atmosfera), cui si aggiunge la biodiversità, cioè l’insieme delle specie viventi e delle loro reciproche relazioni (geni, specie, ecosistemi).
I cosiddetti “servizi ecosistemici”, che la natura nel suo insieme fornisce all’uomo, stanno alla base dell’economia e sono stati valutati ben 44.000 miliardi di dollari, valore pari a circa la metà del PIL mondiale. Affrontare la perdita di biodiversità attraverso azioni che siano “positive per la natura”, ci permetterebbe di preservare tale patrimonio; non solo, si tradurrebbe anche in un'opportunità per l'economia globale. Il WEF stima che in tal modo si possano generare fino a 10.100 milioni di dollari di valore commerciale annuo, oltre a creare 395 milioni di posti di lavoro entro il 2030.
Il Global Goal per la natura
Con l’Accordo di Parigi del 2015, la comunità internazionale si è data l’obiettivo globale di contenere il riscaldamento medio planetario a meno di +2°C, possibilmente +1,5°C, rispetto all’epoca preindustriale. Per attuare questo accordo è necessario raggiungere il net zero al 2050. Analogamente, le Nazioni Unite si sono dotate di un programma di azione, l’Agenda 2030, declinato in 17 SDG, per realizzare un “mondo equo”.
Purtroppo, manca ancora un “obiettivo globale per la natura”, equivalente a quelli menzionati, per arrestare e invertire la perdita di natura. Proprio questo suggeriscono gli autori dello studio “Embracing a Global Goal for Nature”.
“Entro il 2050 la natura deve riprendersi in modo che gli ecosistemi fiorenti e le soluzioni basate sulla natura continuino a sostenere le generazioni future, la diversità della vita e svolgere un ruolo cruciale nell'arrestare il cambiamento climatico in atto”.
L'obiettivo proposto prevede tre step temporali misurabili:
- zero perdita netta di natura a partire dal 2020 (zero net loss);
- netto positivo entro il 2030 (net positive): al 2030 dobbiamo avere “più natura” di quella di adesso;
- recupero completo entro il 2050 (full recovery).
Il 2020 è riconosciuto come base-line da cui partire per invertire la curva della perdita di biodiversità dall'attuale traiettoria negativa a una positiva (vedi figura).
Il fatto che si parli di “zero net Loss” e di “net positive” implica che qualche perdita o degrado della natura nel breve termine sia considerato inevitabile, data gli attuali tassi di sviluppo della popolazione. Tuttavia, l'entità di queste perdite dovrebbe essere accuratamente valutata, compiendo sforzi consistenti per limitare i danni o eventualmente compensarli attraverso il ripristino ecologico.
Come è possibile attuare questo goal? Tra le proposte degli scienziati troviamo quelle di proteggere e conservare almeno il 30% dei sistemi terrestri, marini e d'acqua dolce, ripristinare i paesaggi degradati dall'uomo (ad esempio il 20% della vegetazione autoctona nelle aree più degradate), ma soprattutto attuare un passaggio a modelli di produzione e di consumo più sostenibili.
Nature positive : un nuovo modello di sviluppo sostenibile
C'è un cambiamento concettuale insito nell'obiettivo globale “nature positive”, che va oltre l’attuale modello di sviluppo sostenibile:
“La natura (l'ambiente) non è un'esternalità, ma è piuttosto il contesto di tutta la vita, compresi gli esseri umani. La società umana è il contesto per tutte le attività umane. L'economia è solo una delle attività della società umana. Si tratta di una gerarchia, non un insieme di interessi in competizione”.
Sulla base di questo nuovo ordinamento, è evidente come sia necessario affrontare insieme le tre grandi crisi della nostra epoca: le azioni per la natura non possono essere realizzate senza tener conto sia dell'emergenza climatica che della giustizia sociale e viceversa.
“Dobbiamo impegnarci per raggiungere un "mondo equo, nature positive e carbon neutral ".
L’evoluzione del concetto di Nature Positive: la politica e il mondo degli affari
C’è un forte interesse da parte di diversi governi, come si può notare in vari impegni come il Leaders’ Pledge for Nature, la High Ambition Coalition, il “Nature Compact 2030” del G7, tutti patti in cui i leader si adoperano a favore della riduzione della perdita di natura e del suolo. Alla COP26 di Glasgow i leader di 144 Paesi hanno poi sottoscritto la “Glasgow Leaders’ Declaration on Forests and Land Use”, assumendosi l’impegno di interrompere e invertire i processi di deforestazione e di degrado del suolo entro il 2030.
Anche la Commissione Europea , con la sua proposta di Nature Restoration Law, si pone nello stesso solco.
Ma è soprattutto nel mondo delle imprese che il concetto si sta facendo largo, con esempi concreti di attuazione. In particolare, le aziende stanno ridefinendo cosa significa essere sostenibili: al rapporto impresa-natura secondo la mentalità del "fare meno male", si sta sostituendo una nuova gestione aziendale che permette di combinare il ripristino della natura al raggiungimento degli obiettivi per il clima e al rispetto dei diritti.
Si parla allora di “economia nature positive”.
Le iniziative per le imprese: SBTN e TNFD
Diverse sono le iniziative che stanno mettendo a punto dei target e delle metodologie per dar vita a questa nuova economia. Ne ricordiamo due: l’SBTN e la TNFD.
Lo Science Based Targets Network, un partenariato promosso da CDP, World Resource Institute , WBCSD, WWF e varie università, ha iniziato a sviluppare un metodo basato sulla scienza per aiutare le aziende (e anche le città) a fissare degli obiettivi per la natura, analogamente a quanto già fatto con gli SBTs per il clima. Questo framework prevede targets misurabili, attuabili e vincolati nel tempo. Quando completato, agli inizi del 2023, esso comprenderà metodi, linee guida e strumenti, tra cui una serie di indicatori e una matrice di materialità per i diversi settori, e permetterà di integrare obiettivi riguardo a clima, natura e istanze sociali.
Al momento alcune aziende hanno condotto dei case studies relativamente all’acqua dolce.
La Taskforce on Nature-related Financial Disclosures (TNFD), iniziativa promossa da alcuni governi occidentali, agenzie delle Nazioni Unite (UNEP e UNDP), WWF e varie istituzioni scientifiche, si propone invece di fornire a imprese, investitori e istituzioni finanziarie un quadro comune di misura, gestione e rendicontazione dei rischi finanziari derivanti dalla perdita di natura, nonché delle opportunità che una natura fiorente può portare.
Lo scopo dichiarato è di “incoraggiare la migrazione dei flussi finanziari globali da investimenti con esiti negativi per la natura ad investimenti che alla natura portano beneficio”.
Al momento il framework è alla terza bozza; dovrebbe essere completato entro il terzo trimestre 2023.
Entrambe le iniziative sono ad adesione volontaria.
Lo Staff di Rete Clima
Leggi anche:
Carbon Neutrality, Net Zero e Climate Positive: la decarbonizzazione delle Aziende
Agenda 2030 e SDGs (Sustainable Development Goals): gli obiettivi ambientali di sviluppo sostenibile
Nature restoration law: la proposta della Commissione EU per il ripristino della natura
Biodiversità: una risorsa necessaria anche per il business
COP26: nuovo accordo contro la deforestazione entro il 2030 firmato da più di 100 paesi