Enorme incentivazione pubblica alle fonti energetiche non rinnovabili: i dati mondiali del 2010

Scrivevamo già qui del fatto che le fonti rinnovabili sono paradossalmente molto meno incentivate rispetto alle fonti fossili, nonostante queste ultime siano ambientalmente incompatibili dati i costi ambientali che il loro utilizzo va a generare.

Eppure nell’immaginario collettivo le fonti rinnovabili vengono viste meno competitive delle fonti fossili, proprio perché costose e quindi bisognose di finanziamenti e sussidi che si crede non vengano invece erogati alle fonti non rinnovabili.

Secondo i dati contenuti nel report “Inventory of Estimated Budgetary Support and Tax Expenditures For Fossil Fuels” dell'OCSE (e che si basa su alcuni dati dell’International Energy Agency che saranno pubblicati nel prossimo World Energy Outlook di novembre 2011) a livello globale nel 2010 sono stati impiegati 409 miliardi di dollari di aiuti pubblici per l’incentivazione delle fonti fossili (quali petrolio, gas e carbone), quasi 100 miliardi in più rispetto alla somma stanziata per la loro incentivazione nel 2009.

Continuando con questo trend, se non si intraprendono azioni più decise di limitazione delle incentivazione la IEA stima che al 2020 si possa arrivare a 660 miliardi/anno di incentivi, pari allo 0,7% del Pil mondiale.

I dati della IEA mostrano che dei 409 miliardi spesi nel 2010 per aiutare economicamente le fonti fossili la quota più grande (pari a 193 miliardi) è stata erogata per il sostegno ai prodotti petroliferi, mentre solo l'8% di questi finanziamenti è servito per aiutare le fasce più povere della popolazione ad acquistare energia.

I paesi che più finanziano le fonti fossili sono Iran e Arabia Saudita, mentre sono in diminuzione gli incentivi erogati da India, Cina e Russia.

Il report dell’OCSE individua circa 250 diversi meccanismi con cui le fossili sono incentivate a livello globale: nel report si trovano i dati disaggregati per 24 paesi OCSE tra cui l’Italia, che pure non è tra i Paesi dove vengono erogati i sussidi più alti.

Riflettiamo sul fatto che le fonti fossili sono fonti tutt'altro che immature, sia a livello di “produzione” che di distribuzione che di utilizzi: come già dicevamo, oltre ad essere incentivate con soldi della collettività, queste stesse fonti scaricano sulla collettività notevoli esternalità negative (costi ambientali), con particolare riferimento ai problemi sanitari ed al peggioramento dello stato del’ambiente.

In questa seconda casisitica va ricompreso anche il riscaldamento climatico, verso cui queste fonti giocano un ruolo purtroppo e tristemente prioritario.

Angel Gurría (Segretario generale dell’OCSE): “La ripresa dalla peggior crisi economica delle nostre vite è ancora fragile nel contempo, lo spazio per manovre economiche resta limitato, specie nelle economie più avanzate. Nel contesto degli sforzi di consolidamento fiscale, una spesa pubblica oculata è fondamentale. Ci sono poche idee efficaci. E una di queste è la riforma dei sussidi alle fonti fossili. Questo contribuirebbe a far raggiungere obiettivi economici e fiscali affrontando nel contempo anche problemi chiave come i cambiamenti climatici”.

Le analisi dell'OCSE sui dati dell’IEA mostrano, infatti, che solamente tagliando gli aiuti alle fonti fossili si ridurrebbero le emissioni del 6% al 2050 rispetto a uno scenario business as usual.

Non male, basta iniziare.

 

Lo Staff di Rete Clima®