COP29 a Baku: fallimento annunciato o opportunità concreta?

COP29 a Baku: fallimento annunciato o opportunità concreta?

Il vertice è per molti una COP intermedia, che prepara il terreno per la prossima COP30 di Belem, ma i temi all’ordine del giorno dicono che non si tratterà di una conferenza di poco conto

Si è aperta a Baku, in Azerbaijan, la COP29, cioè la 29ª Conferenza delle Parti (Conference Of the Parties). In un contesto geopolitico particolarmente teso, si negozierà soprattutto di finanza climatica,NDC (Nationally Determined Conributions) e mercati del carbonio.

Il paese ospitante quest’anno è l’Azerbaijan, che fonda gran parte della propria economia sul gas: oltre ad averne raddoppiato la produzione e triplicato l’esportazione, si tratta di un fornitore molto importante per l’Unione Europea, a cui, secondo un accordo del 2022, fornirà 20 miliardi di metri cubi di gas entro il 2027. E tra gli otto paesi europei che importano gas dall’Azerbaijan c’è inoltre anche l’Italia.

La finanza climatica protagonista a COP29

Dal 2009, con la COP15 di Copenaghen, i paesi industrializzati si sono impegnati a più riprese per mobilitare 100 miliardi di dollari l'anno entro il 2020 per il clima a beneficio dei paesi in via di sviluppo, un obiettivo che però si è rivelato sempre più insufficiente.

Le più aggiornate stime parlano infatti di un fabbisogno di 2.400 miliardi di dollari l’anno da mobilitare entro il 2030. Uno scollamento tra impegni politici e necessità reali per cui si cercherà di trovare un accordo proprio a COP29, delineando anche tempistiche e modalità per fornire questi contributi (oltre a cercare di stabilire chi dovrà fornirli e a quali paesi).

I Nationally Determined Contributions (NDC)

Tema chiave saranno gli NDC, (Nationally Determined Conributions), gli obiettivi climatici che ogni paese si pone e che devono essere presentati ogni cinque anni (i prossimi sono previsti tra novembre 2024 e febbraio 2025).

Istituiti dall’Accordo di Parigi, dovrebbero rappresentare i massimi sforzi raggiungibili da ogni paese ma, secondo il Synthesis report della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), quelli attuali sono insufficienti: spetterà quindi alla COP29 promuovere l’ambizione del nuovo ciclo di NDC e il loro allineamento con il Global Stocktake di COP28.

Durante la prima giornata di COP29, però, è arrivato un segnale di speranza dalla segretaria generale della WMO/OMM (World Meteorological Organization, Organizzazione meteorologica mondiale), Celeste Saulo, che ha dichiarato che sebbene gli obiettivi climatici dell'Accordo di Parigi sono "in grave pericolo", quello relativo al non superamento di 1,5 gradi di riscaldamento della temperatura globale è ancora raggiungibile.

Tuttavia, secondo il rapporto pubblicato dalla WMO, gli anni dal 2015 al 2024 saranno il decennio più caldo mai misurato e "le precipitazioni e le inondazioni record, la rapida intensificazione dei cicloni tropicali, il caldo mortale, la siccità incessante e gli incendi catastrofici che abbiamo visto quest'anno in diverse parti del mondo sono purtroppo la nostra nuova realtà e un assaggio del futuro".

I crediti di carbonio e l’adattamento ai cambiamenti climatici

Altro tema chiave a Baku è l’attuazione di un mercato internazionale dei crediti di carbonio, su cui attualmente ci sono criticità che lo tengono in stallo. Stallo che la COP29 dovrà sciogliere, lavorando per concordare i processi di autorizzazione per i crediti di carbonio, le metodologie di calcolo e verifica (per evitare il doppio conteggio delle riduzioni delle emissioni) e la gestione del mercato.

La COP29 avrà anche il compito di implementare l’articolo 7.1 dell’Accordo di Parigi, che prevedeva un Obiettivo globale sull’adattamento (GGA) stabilendo indicatori specifici e misurabili per monitorare gli sforzi di adattamento, e i piani nazionali di adattamento (PAN) introdotti dalla COP28.

L’incognita Donald Trump

Nella già complessa situazione geopolitica globale si inserisce anche la rielezione alla presidenza degli Stati Uniti di Donald Trump, che già nel 2017 aveva ritirato gli USA dall’Accordo di Parigi e ora ha già lasciato intendere di volerlo rifare.

Se da una parte queste intenzioni fanno supporre una minor volontà di impegno climatico (futuro) da parte degli Stati Uniti, dall’altra minano agli occhi degli altri paesi la posizione degli attuali negoziatori statunitensi.

Tuttavia, bisogna notare che nel primo giorno di negoziati, l’inviato per il clima a stelle e strisce John Podesta ha già dichiarato che la rielezione di Trump alla Casa Bianca "non è la fine della nostra lotta per un pianeta più pulito e più sicuro” e che se anche “il governo federale degli Stati Uniti sotto Donald Trump potrebbe mettere in secondo piano l'azione sul cambiamento climatico, il lavoro per contenere il cambiamento climatico continuerà negli Stati Uniti con impegno, passione e convinzione”.

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