Anche l’Economist boccia il nucleare

Un recente articolo dell’Economist, un giornale non propriamente ambientalista!, si aggiunge al corso di critiche internazionali circa la tecnologia nucleare.

Nell’analisi dell’Economist, che riguarda gli Stati Uniti ma che può essere efficacemente estesa a tutto l’Occidente, si constata che le centrali nucleari hanno lunghi tempi di costruzione e costi imprevedibili.

Ciò comporta il fatto che il nucleare non è fattibile senza un consistente appoggio finanziario statale e che, con ogni probabilità, in futuro la produzione elettrica nucleare non sarà neppure necessaria.

Infatti la crisi economica ha ridotto il consumo di energia elettrica, a fronte di una costruzione nel 2008 (appena prima della crisi finanziaria internazionale) di innumerevoli centrali  a gas o carbone o eoliche per venire incontro ad una domanda elettrica che già nel breve periodo si prevedeva in significativo aumento (il che penalizza doppiamente la costruzione di nuove centrali, in quanto potenzialmente inutili).

Si conti anche che negli USA il progetto di costruire nuovi reattori nucleari Epr (come quelli che si intenderebbe realizzare anche in Italia) è stato bloccato dal momento che questi sono troppo insicuri e costosi: la restituzione dei prestiti federali (e degli interessi collegati) avrebbe infatti annullato l’ipotetica redditività degli impianti.

Secondo l’Economist il nucleare può –quindi- reggere solo se vengono erogati finanziamenti statali e se abbassati gli interessi dei prestiti federali: quindi, soldi pubblici a condizioni di favore. Altra condizione necessaria per la vita del nucleare è che venga realizzato un accordo di lungo periodo circa i prezzi del kWh elettrico venduto sul mercato, affinchè gli venga garantita una redditività artificiale (a carico dei consumatori finali).

Alla faccia del libero mercato!, e di chi sostiene (come in Italia) che i reattori Epr saranno finanziati con capitali privati.

E in tutto questo quadro si rifletta sul fatto che il nucleare è una tecnologia ad elevata emissione di CO2 (se si considera l’intero ciclo produttivo), caratteristica che penalizza ulteriormente la sua fattibilità ed il tentativo di farlo passare per una “tecnologia carbon free”.

L’unico obiettivo ragionevole è la promozione delle fonti rinnovabili e del risparmio energetico.

 

Lo Staff di Rete Clima®