Dopo la marea nera il picco di petrolio è ancora più vicino
Il disastro del Golfo del Messico avrà dei risvolti economici globali che andranno ben oltre le difficoltà in Borsa della Bp e l’azzeramento a tempo indeterminato della pesca e del turismo balneare.
Ma prima un antefatto.
La Iea aveva fissato il picco di petrolio al 2012 (ne avevamo parlato qui) in base al presunto andamento della domanda e il base alla stima della produzione futura, che ovviamente comprende(va) anche petrolio proveniente da trivellazioni in acque profonde.
Il direttore esecutivo dell’Iea (International Energy Agency, l’organizzazione internazionale intergovernativa che ha il compito di facilitare il coordinamento delle politiche energetiche) ha recentemente riproposto alcuni nuovi conteggi circa i barili di greggio che verranno a mancare sul mercato in seguito alle regole di trivellazione più severe.
Gli USA hanno fermato 33 progetti per la trivellazione in acque profonde: al momento si parla di sei mesi, quindi avranno scarso impatto globale.
Ma se gli Usa congeleranno questi progetti per uno-due anni, verranno a mancare 100.000-300.000barili al giorno entro il 2015: ma se anche Angola, Brasile, i Paesi del Mare del Nord eccetera congeleranno nuove trivellazioni in acque nprofonde, entro il 2015 verranno a mancare complessivamente 800.000-900.000 barili al giorno.
Il calo sarebbe pari all’1% della produzione globale, poca cosa, ma dato che il surplus della capacità produttiva di petrolio è di circa 6 milioni di barili al giorno, il venir meno di questi 800.000-900.000 barili quotidiani “non può essere ignorato”, dice il direttore dell’Iea.
Questo significa, per parlare chiari, che il picco del petrolio è ancor più vicino.
I politici, anche italiani, sarebbe utile che prendessero rapide contromisure, dal momento che abitudini ed economia dell’Italia sono legate alla disponibilità di grandi quantità di combustibili liquidi a buon mercato.
Lo Staff di Rete Clima®