Estate 2010: fenomeni meteorologici estremi, mitigazione ed adattamento (con uno sguardo alla Cop 16 di Cancun)
La Russia brucia ancora, Cina, Corea del Nord, Pakistan e Kashmir e Ladakh in India sono ancora sconvolte da alluvioni che hanno fatto fuggire almeno 20 milioni e ne hanno sepolto sotto fango e detriti a migliaia.
Un'ondata d'acqua che ha travolto il cuore dell'Asia e che porta un mortale messaggio dall'Himalaya, dai suoi ghiacciai che si stanno sciogliendo sempre più velocemente, proprio come quelli della lontanissima Groenlandia.
Luca Mercalli, in una intervista di pochi giorni fa sul Sole24ore: “Sono almeno due decenni che si raccomanda ai governanti di adottare delle contromisure, ma di mitigation, tema di una parte del rapporto di Ipcc, se n'è fatta pochina. Tanto meno di adaptation, l'altro tema del rapporto”.
E a proposito di accordi futuri in campo climatico, un giornale dello Sri Lanka (il Daily Mirror) nei giorni scorsi osservava quello che sta accadendo ai suoi vicini e scriveva in un editoriale: “Lunedi il capo dell'Onu Ban Ki-moon ha espresso dubbi riguardo al fatto che gli Stati membri raggiungano un nuovo accordo sui cambiamenti climatici durante il summit di dicembre.
Con la tanto pubblicizzata Conferenza di Copenhagen finita con un "anti-climax" e un accordo non vincolante che sarà sottoposto al fuoco pesante delle nazioni sviluppate, non sorprende che il meeting Onu a Bonn di maggio abbia dichiarato che il dibattito sul clima si va indietro invece di andare avanti.
E di fronte al ritmo di scioglimento dei ghiacciai, in assenza di una qualsiasi tangibile misura di controllo delle emissioni di carbonio, uno si chiede se ci sia davvero una reale possibilità di sopravvivenza per la civilizzazione umana nei decenni a venire (...).
Il tempo sta per scadere. Non c'è assolutamente alcun segno di speranza all'orizzonte”.
Proprio l'Onu sta operando un Pakistan, in soccorso ai milioni di esseri umani travolti da una catastrofe (causata da un monsone anomalo ed eccezionale che si è scatenato su un territorio disboscato ed esausto) definita: “Di ampiezza senza precedenti e con conseguenze drammatiche per l'agricoltura” (…) “Le inondazioni hanno fatto più di 1.200 morti e colpito circa il 10% della popolazione, cioè circa 14 milioni di persone, di cui 6 milioni che hanno bisogno di un aiuto d'urgenza”.
L'area colpita è enorme e si allarga ancora: Belucistan, Pendjab, Zone tribales, Gilgit Baltistan, KPK, Cashmir e Sindh e si prevede che servano almeno 500 milioni di dollari per i primi interventi.
Anche i cinesi fanno i conti dei danni e dei morti (1.117 morti e 627 dispersi) per le colate di fango e le valanghe nel distretto tibetano di Zhuqu, nella provincia del Gansu e spiegano bene quali sono le cause locali di un disastro che ha origini globali.
Tao Qingfa (Direttore aggiunto del Dipartimento dell'ambiente geologico del ministero del territorio e delle risorse): “I rilievi montagnosi e l'erosione dei suoli hanno reso il distretto vulnerabile alle inondazioni e ai disastri geologici.
La siccità persistente che dura da circa 9 mesi in alcune zone e il sisma devastante del 2008 del Sichuan, che potrebbe aver reso fragili i fianchi delle montagne e causato delle fessurazioni, sono ugualmente all'origine di questi scivolamenti di terreno a Zhuqu, che sono i più mortali da decenni
Le slavine di terra sono più devastanti delle inondazioni, perché si spostano rapidamente e crescono portando con loro gli alberi, le case e i veicoli che si trovano sulla loro strada.
Si spostano così veloci che non lasciano che molto poco tempo per l'evacuazione”.
La Cina, a differenza del fatalista governo pakistano, sta reagendo alle catastrofi guardando al futuro e cercando di non interrompere la corsa alla crescita economica (che pure è parte del problema).
Tao: “Il Paese deve prendere delle misure precauzionali contro tali disastri geologici, come l'ispezione regolare delle montagne, l'evacuazione dei residenti delle zone potenzialmente soggette agli smottamenti di terreno, la costruzione di muri e di strutture più solide”.
Tutto questo si chiama adattamento, da promuovere con vigore nella certezza che gli effetti dei cambiamenti climatici sono ormai inevitabili e di grande portata.
Lo Staff di Rete Clima®