Il punto sulla COP 21 di Parigi, sulle orme del Protocollo di Kyoto
Che cos'è la COP 21 di Parigi?
Dal 30 novembre al 11 dicembre 2015 saranno impegnati a Parigi 196 Paesi nell'ambito della 21° Conferenza delle Parti, coinvolti in un confronto negoziale da cui dipenderà molto del futuro del clima della Terra, e quindi del nostro stesso futuro.
Obiettivo dell'incontro è infatti la sottoscrizione di un accordo globale vincolante che entri in vigore nel 2020 e permetta di contrastare il cambiamento climatico, stimolando la transizione verso un’economia ed una società resiliente, a bassa intensità di carbonio.
COP 21 di Parigi: la posizione della scienza del clima
Se mai ci fosse bisogno ancora di sottolinearlo (vedi le bugie dei negazionisti climatici), la scienza del clima è concorde nella necessità di una azione di contrasto al climate change. Il più recente meeting scientifico sul clima è la CFCC15 (Our Common Future Under Climate Change), che si è svolta a Parigi dal 7 al 10 luglio 2015 e di cui si riporta un estratto della Dichiarazione finale (CFCC15 - dichiarazione finale):
"I cambiamenti climatici costituiscono la maggior sfida umana del XXI secolo. Le sue cause sono profondamente radicate nel modo in cui produciamo e utilizziamo l'energia, produciamo cibo, gestiamo i territori e consumiamo più di quello che abbiamo bisogno. I suoi effetti hanno il potenziale di influenzare tutte le regioni della Terra, ogni ecosistema e molti aspetti delle attività umane. Le sue soluzioni richiedono un impegno coraggioso per il nostro futuro comune".
"Politiche intelligenti per gestire e ridurre i rischi dei cambiamenti climatici devono essere giuste, che tengano conto della storia, delle capacità di ognuno, di un'equa ripartizione dei finanziamenti e della ricchezza dell'umana esperienza. Il 2015 è un anno cruciale per realizzare progressi in merito. La possibilità di trovare soluzioni economicamente realizzabili e che offrano una ragionevole prospettiva di riscaldamento a +2 °C o meno si stanno rapidamente assottigliando".
(...) "Un obiettivo ambizioso di mitigazione per limitare il riscaldamento a meno di +2 °C rispetto ai livelli preindustriali è economicamente fattibile. Ritardare la riduzione drastica delle emissioni, l'attendismo da parte di alcuni Paesi o l'accantonamento di certe tecnologie di energia pulita, fanno aumentare i costi e la complessità delle misure. Percorsi di mitigazione efficaci per limitare il riscaldamento a 2 °C richiedono la riduzione delle emissioni di gas serra del 40-70% rispetto ai livelli attuali entro il 2050".
COP 21 di Parigi: il traguardo di un percorso di molti anni (tra alti e bassi) per la tutela climatica
Dopo l’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto nel 2005, ha preso piede una visione di maggior respiro inquadrata nel Bali Action Plan del 2007 e validata nel 2009 nell'ambito della COP 15 di Copenhagen, dove si è stabilito l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a +2°C (rispetto all'era pre-industriale) e la necessità di un impegno comune seppure differenziato tra Paesi più sviluppati e Paesi meno avanzati.
Nel 2010, la Conferenza di Cancun ha messo a punto gli strumenti operativi per raggiungere l’obiettivo, ovvero il Green Climate Fund ed il Technology Mechanism.
Successivamente è stata creata la Durban Platform (ADP) per mettere in contatto paesi sviluppati e paesi meno sviluppati, per lavorare su di un protocollo legale che dovrà essere adottato nel 2015 e messo in opera dopo il 2020, e questo è l’obiettivo della Conferenza di Parigi.
Questi sforzi mostrano una evoluzione nelle politiche di carbon management: l’adattamento al climate change ed ai suoi effetti cresce di importanza e viene sempre più considerato di pari valore rispetto alla mitigazione tanto che nell’ambito del Green Climate Fund si è deciso di allocare pari risorse per entrambe le tipologie di azione.
Almeno la metà delle risorse dedicate all’adattamento sono state destinate andare ai Paesi più vulnerabili dal punto di vista climatico, in particolare alle piccole isole ed ai Paesi meno sviluppati, secondo un annuncio di stanziamenti per un totale di 10,14 miliardi di dollari, di cui 3 dagli Stati Uniti e circa uno da Francia, Gran Bretagna e Germania: l'Italia contribuirà con 313 milioni di dollari (250 milioni di Euro).
In vista della COP 21 di Parigi: la situazione climatica attuale ed i possibili scenari
Al di là degli strumenti di cui si è parlato sopra, nel corso della COP20 di Lima del Dicembre 2014 si è preso atto dell’impossibilità, al netto degli accordi sottoscritti, di ottenere la riduzione delle emissioni necessaria a garantire un trend di riduzione emissiva idoneo a limitare l’aumento delle temperature medie globali al di sotto dei + 2°C (rispetto ai livelli pre-industriali), un obiettivo che potrebbe essere ragionevolmente raggiunto limitando a “sole” 42 GtCO2eq le emissioni di gas serra rispetto all’orizzonte temporale del 2030.
Arrivando ad oggi, e parlando nello specifico della COP 21 di Parigi, secondo il recente “Emissions gap report” diffuso a inizio novembre dall’Unep (United Nation Environmental Programme), gli obiettivi di riduzione con cui gli Stati arrivano a Parigi (i cosiddetti INDCs - Intended Nationally Determined Contributions) non sono sufficienti per avere una sufficiente probabilità (e non comunque la certezza!) di restare entro gli obiettivi di riscaldamento climatica di + 2°C sopra descritti.
Achim Steiner (Direttore dell’Unep): "Gli attuali INDCs, in combinazione con le politiche portate avanti nel corso degli ultimi anni, dimostrano un impegno senza precedenti e un vero e proprio aumento nei livelli di ambizione da parte degli Stati membri nell’affrontare questa grande sfida globale". (…) "Tuttavia, non sono sufficienti a limitare l’aumento della temperatura globale al livello raccomandato di 2 °C entro fine secolo, e quindi a scongiurare i peggiori impatti dei cambiamenti climatici".
Gli INDCs attuali porterebbero infatti ad un taglio di 6 GtCO2eq rispetto allo scenario BAU (Business As Usual, cioè la condizione senza interventi), che sommati ai precedenti impegni in materia di tutele climativa, determinerebbero comunque un valore di emissione di gas serra di circa 12 GtCO2eq in più rispetto a quanto necessario per non superare l’obiettivo dei +2 °C entro la fine del secolo.
Si tratta di un gap enorme che se non fosse colmato renderebbe inevitabile un elevato riscaldamento climatico (che potrebbe portare ad un incremento di temperatura di + 3,5 °C entro il 2100), che sostanzialmente renderebbe molto molto più complicato vivere sul nostro Pianeta (di seguito una rielaborazione delle conseguenze già ben delineate dallo storico “Stern report”, anno 2006):
A questo punto appare chiaro il fatto che gli Intended Nationally Determined Contributions (INDCs) dovranno essere solo la base per la codifica degli obiettivi del trattato vincolante sui cambiamenti climatici che sarà definito a Parigi.
Christiana Figueres (Segretario Esecutivo del UNFCCC), definendo i contributi “un eccellente primo passo”, ha quindi anch’essa precisato che gli obiettivi ad oggi “non sono ancora sufficienti, ma va meglio rispetto alle stime di crescita di quattro, cinque o anche più gradi prevista prima”.
È quindi essenziale che l'accordo di Parigi contenga un processo di revisione periodica degli impegni climatici.
Conclusioni
Concludiamo con le parole della dichiarazione finale del già citato evento "Our Common Future Under Climate Change": "La scienza è la base per le decisioni intelligenti che devono essere prese alla COP21 e nel periodo che seguirà. Risolvere la sfida dei cambiamenti climatici richiede ambizione, dedizione, non solo da parte della comunità scientifica, ma e soprattutto dei governi, del settore privato e della società civile".
Buon lavoro a Parigi.
MM e PV per Rete Clima®
NOTA - ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione Ambientale) in vista di COP 21 ha rilasciato un comunicato in cui presenta la situazione emissiva nazionale al 2013: lo alleghiamo a seguito per una eventuale consultazione.