Carbone: incompatibile con gli obiettivi di contrasto al cambiamento climatico
Alla COP 21 in corso a Parigi Climate Action Tracker ha presentato “Coal Gap”, un report che evidenzia la situazione degli impianti di generazione elettrica a carbone sparsi per il mondo.
Secondo il report, in particolare, a livello globale ci sono circa 2.500 impianti a carbone in fase di realizzazione: tali impianti, una volta a regime, genereranno emissioni di gas serra in quantità tale da superare abbondantemente il livello emissivo necessario per mantenere l’innalzamento delle temperature sotto i 2°C rispetto ai livelli dell’era pre-industriale, l'obiettivo auspicato dalla COP 21 di Parigi.
Riportiamo da sito di Ecofys, una delle realtà coautrici del report: "Anche senza nuove costruzioni, le emissioni dalle centrali a carbone nel 2030 sarebbero ancora del 150% superiore a quello che è coerente con gli scenari limitare il riscaldamento al di sotto dei 2 ° C rispetto ai livelli preindustriali.
Se la nuova capacità a carbone progettata -stimato dal Global Coal Plant Tracker- dovesse essere effettivamente costruita, si supererebbero i livelli richiesti del 400%".
Pieter Van Breevoort, esperto di energie rinnovabili di Ecofys e co-autore del rapporto: "C’è solo una soluzione al problema di avere troppe centrali a carbone in attività ed è annullare la loro realizzazione".
Esistono peraltro diverse iniziative globali volte al disinvestimento dalle fonti fossili, come per esempio la campagna "Fossil Divestment", di cui abbiamo parlato ampiamente anche su questo sito, anche in ragione degli oggettivi elevatissimi costi esterni (quali costi ambientali e sociali) che queste fonti vanno a generare.
Ma le banche che cosa fanno? Come si regolano in merito agli investimenti in queste fonti non rinnovabili?
Prendendo a riferimento il recente studio "The Coal Test - Where Banks stand on climate at COP 21" prodotto da Rainforest Action Network, BankTrack, Friends of the Earth France e Urgewald, si possono ritrovare dati a dimostrazione del fatto che nel quinquennio 2009-2015 (il periodo tra le importanti COP 15 di Copenhagen e l'attuale COP 21 di Parigi) le Banche non abbiano dirottato i propri investimenti verso attività più climate o social friendly, continuando anzi i propri investimenti verso fonti fossili per un controvalore (nel sopraccitato periodo) di 257 miliardi di dollari.
Nel solo 2013, 92 Banche hanno sovvenzionato il carbone con una somma pari circa 71 miliardi di US$ (equivalente a circa 66 miliardi di euro), quattro volte in più di quanto erogato nel 2005.
In questo periodo di crisi economica globale, le grandi banche europee e americane continuano ad investire in diverse attività collegate alle fonti energetiche "sporche", sostanzialmente disinteressandosi degli impatti ambientali e sanitari che queste fonti fossili determinano sulle nostre società. Carbone in primis.
In questa "sporca classifica", le Banche maggiormente interessate sono quelle rappresentate nella figura a seguito:
Nei primi posti si vede anche la presenza di BNP Paribas (14,84), sponsor di COP 21 per il cofinanziamento dei 170 milioni di euro che sono stati necessari per la realizzazione della Conferenza sul clima.
E' però vero che oltre al sistema di finanziamento del mondo privato, esiste anche un forte sussidio alle fonti fossili (la cui combustione è la prima responsabile delle emissioni dei gas climalteranti) da parte del settore pubblico: secondo una stima del FMI (Fondo monetario internazionale) nel solo 2015 saranno destinati 5.300 miliardi di dollari ad incentivare le fonti energetiche più inquinanti, una cifra che da sola costituisce il 6,5% del PIL globale superando anche la spesa sanitaria globale.
Prendendo come riferimento i dati del recente "Coal Atlas" (edizione 2015) si evidenzia una incentivazione distribuita in ogni parte del globo, direttamente dagli Stati o da Aziende da loro partecipate/possedute:
Le istanze climatiche sono oggi importanti ed una efficace azione di contrasto al climate change non è assolutamente più procrastinabile: il dato di fatto è che per evitare il caos climatico l'umanità dovrà rinunciare a bruciare quasi il 90 per cento delle riserve accertate di carbone, più di un terzo delle riserve di petrolio e la metà delle riserve di gas naturale, i cosiddetti "unburnable fuels".
Senza andare a cercarne altre, virtualmente inutilizzabili proprio in logica climatica!
Lo Staff di Rete Clima®