Azioni e retroazioni ambientali: i ghiacci si sciolgono e liberano metano (importante gas serra)
Durante una recente campagna di monitoraggio realizzata dall’International Artic Research Centre (dell’Università dell'Alaska Fairbanks) sono stati osservati notevoli rilasci di metano nel mare della Siberia orientale originati dallo scioglimento del permafrost artico, che si estende dalla terraferma al fondo del mare della piattaforma artica siberiana.
La liberazione del metano sequestrato nel permafrost è una delle situazioni più temute e pericolose per il riscaldamento climatico, dato che il metano è un importante gas serra con un GWP (Global Warming Potential, cioè la capacità di riscaldamento climatico) pari a 21 volte quello della CO2.
Il rilascio del metano dal permafrost è infatti da contestualizzare in una preoccupante filiera di azioni e retroazioni ambientali, dato che l’effetto complessivo è un incremento più che proporzionale del riscaldamento climatico globale.
Igor Semiletov, International Arctic Research Centre e coordinatore della campagna (che ha scandagliato 25 chilometri quadrati di fondale al largo della Siberia orientale): “Prima trovavamo strutture simili a torce del diametro di qualche decina di metri. Ma per la prima volta abbiamo trovato strutture continue e potenti di oltre un chilometro di diametro. Sono rimasto colpito dalle dimensioni e dalla densità dei pennacchi di gas. In un’area relativamente piccola ne abbiamo trovate oltre 100, ma in un’area più ampia ce ne devono essere a migliaia.”
Lo stesso Semiletov nel 2010 stimava che le emissioni di metano da questa regione siberiana ammontassero a otto milioni di tonnellate l'anno, ma alla luce della sua ricerca più recente (ripresa anche dall’Indipendent, nell’ambito di una sua intervista di metà dicembre 2011) è verosimile che questi dati possano essere anche significativamente rivisti al rialzo.
La prospettiva è impressionante dato che le tonnellate di gas metano sequestrate sotto il permafrost artico della Siberia orientale potrebbero essere anche centinaia di milioni, e tutte potrebbero potenzialmente liberarsi in atmosfera incrementando quel riscaldamento climatico che ha determinato il loro dissequestro.
L'effetto è quello del cane che si morde la coda.
Lo Staff di Rete Clima