Basta una settimana (di PIL) per salvare il clima
Il rapporto “Global Energy and Climate Outlook 2018: Sectoral mitigation options towards a low-emissions economy” del Joint Research Centre (Jrc) della Commissione Europea sostiene che per limitare l’aumento delle temperature globali a + 1,5° C (rispetto al periodo pre-industriale) le emissioni globali di gas serra dovrebbero scendere a zero entro il 2065 e per fermarsi a +2°C dovrebbero essere azzerate entro il 2080.
Il rapporto, presentato nei giorni scorsi alla COP 24 di Katowice, chiarisce in merito al fatto che l'economia potrebbe crescere qualora si disaccoppiasse dalle emissioni di gas serra, cioè qualora procedesse verso una propria decarbonizzazione anche grazie ad un aumento dell’efficienza energetica e uno spostamento verso l’elettrificazione dei consumi.
Dal Report: "Per limitare la variazione di temperatura a 2° C, il sistema energetico globale e i modelli di consumo energetico dovrebbero subire una trasformazione profonda e accelerata per raggiungere nel 2015 – 2050 tassi di decarbonizzazione annui globali del 6,1% all’anno per i per 2° C, mentre del 9,0% all’anno per contenere il riscaldamento a 1,5° C". (...) "Per raggiungere l’ambiziosa transizione verso un’economia a basse emissioni di gas serra, compatibile con questi obiettivi di temperatura, sono necessari tagli significativi delle emissioni di gas a serra in diversi Paesi e settori".
Secondo il report: "L’aumento dell’uso delle fonti energetiche rinnovabili rappresenterebbe il 27% delle riduzioni delle emissioni, l’abbattimento del 20% delle emissioni non-CO2, il miglioramento dell’efficienza energetica il 17% e l’elettrificazione domanda finale di energia che dell’uso del suolo entrambi il 10%". Questo significa che le fonti energetiche rinnovabili da sole non riuscirebbero a farci raggiungere gli obiettivi attesi.
E i costi? A fronte dei grandissimi vantaggi ambientali, sociali ed economici per l'uomo legati alla decarbonizzazione, i costi necessari per una transizione green sarebbero relativamente limitati: servirebbe infatti investire solo "0,4% e 1,3% del Pil globale nel 2050 per raggiungere rispettivamente i 2° C e gli 1,5° C, che è inferiore all’equivalente di una settimana di attività economica globale".
Ma si tratta davvero solo di costi? O di investimenti?
Secondo Giuseppe Onufrio, di Greenpeace: "A livello globale gli investimenti nelle fonti rinnovabili vanno almeno triplicati. La la transizione verso un modello energetico basato al 100 per 100 sull'energia pulita porterebbe benefici occupazionali netti pari a 12 milioni di posti di lavoro".
Ma nonostante i costi di investimento accettabili, alla COP 24 di si sta assistendo ad uno spettacolo talvolta non sensato ed anacronistico: a Katowice si vedono alcuni Stati che pubblicamente ancora promuovono gli usi "innovativi" dei combustibili fossili (gli USA) e specificatamente del carbone (la Polonia), altri che rifiutano di far inserire nei documenti ufficiali il riconoscimento della validità e l'adozione del recente documento dell'Ipcc sui rischi climatici (USA, Arabia Saudita, Russia e Kuwait). E comunque si registra una difficoltà importante nel condividere il futuro quadro di impegni climatici, anche -e specialmente- a livello economico.
La COP 24 sta arrivando alla conclusione. Il termine sarebbe dovuto essere ieri (venerdì), ma ancora sono in corso trattative negoziali per cercare di dare concretezza e tempi di attuazione all'Accordo di Parigi: si prevede quindi uno slittamento di 24-36 ore, un periodo di tempo che speriamo sia sufficiente per provare a raggiungere in extremis un'intesa efficace e rispettosa delle urgenti istanze climatiche.
Concludiamo con le parole di Antonio Guterres, Segretario generale delle Nazioni Unite: "Fallire qui a Katowice manderebbe un messaggio disastroso (…) Sprecare questa opportunità comprometterebbe la nostra ultima possibilità di fermare un cambiamento climatico fuori controllo. Non sarebbe solo immorale, sarebbe un suicidio".
Lo Staff di Rete Clima