Bufale e bugie sul clima e sul riscaldamento climatico: una storia di consapevoli menzogne e di disinformazione
Qualche giorno fa, precisamente il 27 aprile 2021, il Corriere della Sera ha pubblicato un’analisi di Milena Gabanelli incentrata sul tema delle bufale e delle bugie relative ai cambiamenti climatici.
La giornalista si è avvalsa dell’aiuto degli esperti di Climalteranti.it, un portale che da anni è impegnato nella lotta alla disinformazione climatica, e ha presentato le più comuni bufale e bugie sul clima, i loro autori e l’origine dei finanziamenti che le hanno generate.
Si tratta di un tema già molto discusso su questo sito, data la necessità di fare chiarezza su una serie di "falsità climatiche" che confondono i cittadini, che creano dubbi e confusione e rallentano l'azione di contrasto al riscaldamento climatico globale.
Un po' di storia (climatica)
I primi report dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change, la massima autorità mondiale nella scienza del riscaldamento climatico) già nei primi anni '90 mostravano chiaramente le origini umane del riscaldamento climatico: in realtà la certezza è ancora precedente a questo periodo, infatti numerosi studi negli anni '80 già lo dimostravano chiaramente (si veda a seguito).
Ma è solo dagli anni '90, quando la relazione uomo-riscaldamento climatico diventa di dominio pubblico e si inizia a parlarne in maniera continuativa, che inizia una sistematica e costante azione di negazionismo climatico, che oggi è molto ben documentata.
Le industrie che contribuiscono maggiormente alle emissioni climalteranti (in primis le Major dell'Oil&Gas, che producono i combustibili fossili) spendono miliardi di dollari in campagne di disinformazione, per confondere l’opinione pubblica seminando dubbi ed obiezioni infondate circa:
- l'esistenza del riscaldamento climatico
- la sua certa ed evidente causa umana.
Si tratta di dubbi che, parlando di Stati Uniti, vengono ripresi anche da quotidiani autorevoli quali il Wall Street Journal e il New York Times,...etc., ma anche da emittenti televisive come Fox News: in Italia purtroppo si distinguono invece alcune testate italiane fortemente orientate al negazionismo climatico oltre ogni ragionevolezza (in primis Il Giornale, Libero,...etc.).
Il Corriere riporta che fra il 2003 e il 2010 alcune organizzazioni pseudo-scientifiche impegnate nella comunicazione sul negazionismo climatico hanno ricevuto dalle major fossili più di 900 milioni di dollari all’anno di finanziamenti.
Bufale sul clima: "opinioni" interessate
L’industria delle fonti energetiche fossili (quali petrolio, gas naturale, carbone) ha finanziato singoli scienziati, giornali ed emittenti televisive, ma ha anche fondato o finanziato think-tank e siti-web di (dis)informazione.
Milena Gabanelli presenta diversi esempi e, fra gli altri, cita uno studio dell’organizzazione InfluenceMap, secondo il quale soltanto nel periodo 2016-2019 «le cinque maggiori aziende di gas e petrolio (ExxonMobil, Royal Dutch Shell, Chevron, British Petroleum e Total) hanno investito più di un miliardo di dollari per le campagne di disinformazione sul clima», finalizzate a negare l'esistenza del riscaldamento climatico e la correlazione diretta tra le attività umane ed il riscaldamento climatico stesso.
Disinformazione italiana
Nel giugno 2019 in Italia, 83 persone hanno inviato una “Petizione sul riscaldamento globale antropico” ai Presidenti della Repubblica, del Consiglio, della Camera dei Deputati e del Senato, ricevendo purtroppo una grande attenzione mediatica: in essa veniva pretestuosamente contestato “l’allarmismo climatico” e veniva irragionevolmente negata l’esistenza di qualsivoglia crisi o urgenza climatica.
Proprio Climalteranti.it aveva smontato le bufale contenute nella lettera, mostrando come la stragrande maggioranza dei (pochi) firmatari non fosse per nulla competente nella scienza del clima. Non solo, questa petizione ne prendeva a modello un’altra del 1997 il cui promotore, il fisico Frederick Seitz, aveva legami con le industrie del petrolio e del tabacco.
Bufale e bugie sul clima che si riscalda: il metodo
In effetti il metodo di negazione adottato è del tutto simile a quello storicamente già utilizzato proprio dall’industria del tabacco, basato sul diffondere teorie rivolte a negare e screditare le evidenze scientifiche, non in maniera argomentata e legittima ma piuttosto tramite una “strategia del dubbio”.
Il fine è quello di far apparire la comunità scientifica divisa e l’argomento ancora oggetto di dibattito e di dubbi anche fra gli scienziati stessi.
La modalità di azione - sinceramente criminale, perchè sminuisce rischi climatici ad elevatissima pericolosità - è chiara: presentando la falsa esistenza di dubbi sul climate change anche nella comunità scientifica, quale senso avrebbe avuto intraprendere un enorme sforzo - non gratuito e non necessariamente indolore - di "prevenzione climatica"?
Per supportare tali insinuazioni sono stati spesso isolati pezzi incompleti e parziali delle verità scientifiche, un fenomeno conosciuto col termine “Cherry picking” (letteralmente “raccogliere le ciliegie”, prendendo cioè solo le migliori per se stessi e la propria causa, lasciando nel cestino quanto non è gradito).
Questa tecnica è ben esemplificata dalla diffusa bufala secondo la quale variazioni di intensità dell'attività del Sole sarebbero la causa principale del riscaldamento globale: in realtà, se da una parte l’attività solare ha sicuramente una rilevante influenza sul clima terrestre, dall’altra il monitoraggio di tale attività dimostra come oggi essa dovrebbe produrre una tendenza al raffreddamento.
Infatti è solo la parte più bassa dell’atmosfera che si sta scaldando, quella direttamente a contatto con l'uomo, mentre la porzione più alta si sta raffreddando: ciò è contrario a quanto si osserverebbe se il Sole fosse la vera causa del riscaldamento climatico (dato che si riscalderebbero entrambe) e spiega perfettamente ciò che accade per effetto dei gas serra emessi dall'uomo e dalle sue attività.
Di seguito un grafico che illustra il (nullo) contributo dei fattori naturali al riscaldamento climatico : la linea nera è il riscaldamento climatico reale e misurato, le linee colorate mostrano invece il nullo contributo dei fattori naturali al riscaldamento climatico.
Bufale sul clima: la scellerata premeditazione
La portata della truffa perpetuata dalle major fossili è dimostrata da quanto è trapelato alla stampa riguardo a Shell e ad Exxon Mobil: già negli anni 80’ (1982 per i documenti della Exxon, 1988 per quelli Shell) i tecnici delle due multinazionali avevano formulato previsioni – peraltro davvero accurate, ma tenute ben segrete – circa la crescita delle concentrazioni di gas serra ed il conseguente aumento della temperatura media globale.
Tali previsioni si sono rivelate molto, molto precise: il grafico sotto mostra la concentrazione di anidride carbonica in atmosfera al 2020 pari a circa 420 ppm (la concentrazione media annuale del 2020 è stata di 414 ppm) e un aumento della temperatura rispetto al 1982 di circa +1°C rispetto al periodo pre-industriale, in sostanziale accordo con quanto è poi realmente accaduto.
Se quindi privatamente le multinazionali del settore Oil&Gas riconoscevano la validità della scienza dell’epoca e confermavano la connessione della loro attività con il riscaldamento globale, pubblicamente invece la negavano.
Di fronte a queste evidenze ci viene da pensare: chi può smentire i negazionisti meglio dei negazionisti stessi?
Uno spazio di manovra sempre più ristretto per le bugie sul clima
La strategia negazionista nel tempo si è modificata, seguendo la variazione della sensibilità nell’opinione pubblica, adattando l’oggetto del dubbio in base all’evolversi della consapevolezza pubblica verso determinati argomenti.
Inizialmente le fake news cercavano di screditare l'esistenza stessa dei cambiamenti climatici, sostenendo ad esempio che i dati di temperatura presentassero dei bias (errori): in seguito invece, una volta che il climate change si è affermato quale realtà evidente, hanno iniziato ad affermare che il riscaldamento globale non fosse attribuibile all’uomo ma piuttosto a "forzanti naturali" da esso indipendenti.
Oggi, come afferma Stefano Caserini, professore di Mitigazione dei Cambiamenti Climatici al Politecnico di Milano e fondatore di Climalteranti.it, sono costretti a limitarsi sostenendo solamente che sia ormai troppo tardi per intervenire.
(leggi: "Le 5 fasi del negazionismo climatico")
Dibatti (s)bilanciati e nuovi strumenti
D’altra parte, instillare il dubbio è estremamente facile, infinitamente più facile del provare una verità scientifica.
La verità scientifica, supportata da migliaia di studi pubblicati su riviste scientifiche peer-reviewed (dove cioè ogni articolo è cioè sottoposto a rigidi controlli da parte della comunità scientifica prima di essere pubblicato) è stata fin troppe volte rappresentata, ad esempio nei dibattiti televisivi, da un solo scienziato su posizione negazionista verso un solo scienziato che sostiene la vera scienza del clima.
Ma questa dinamica del confronto uno a uno non rende affatto ragione di quella che è la reale proporzione di “consenso” (basato sui fatti, non sulle opinioni!) all’interno della comunità scientifica.
Nel 2014 John Oliver mostrò visivamente come un equilibrato dibattito televisivo dovesse essere condotto (a seguito il video, consigliatissimo), con la presenza del il 97% degli scienziati del clima a sostegno dell’origine antropogenica del global warming ed un restante 3% che affermava pretestuosamente il contrario.
3 contro 97: Last Week Tonight with John Oliver, HBO
Infatti oggi, come sottolineato da Stefano Caserini, più del 97% della comunità scientifica è unanime su questo punto: il cambiamento climatico esiste, è causato dall'uomo, è molto pericoloso per i suoi effetti attuali e futuri sul sistema socio-economico globale.
Il cambiamento climatico ha già mostrato in modo estremamente tangibile i suoi effetti, anche nel nostro Paese, uno degli hospot del climate change: ondate di calore, fenomeni precipitativi estremi e siccità sono ormai sempre più frequenti. Di fronte all’evidenza, i negazionisti non hanno solo cambiato narrazione (viva la coerenza) ma anche mezzo di comunicazione, abbandonando i canali ufficiali, quali le testate giornalistiche più autorevoli, e iniziando a popolare il web.
Esempio lampante della potenza della disinformazione sul web è quello, riportato dal Corriere, dei 6,5 milioni di Tweet sulla crisi climatica che hanno preceduto e seguito l’uscita degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi sotto Trump: secondo uno studio della Brown University circa un quarto di questi è stato generato da programmi automatici, i cosiddetti "bot".
A supporto dell’evidenza scientifica, finalmente qualcosa si sta muovendo anche nei territori più fertili per i negazionisti, i social network: come riportato dal Corriere, dal 2020 Facebook ha ideato il “Climate Science Information Center”, piattaforma che segnala le bufale sul clima postate dagli utenti e invita a consultare fonti ufficiali e affidabili come l’IPCC.
Nello stesso anno, il più influente negazionista è stato sconfitto da un fermo sostenitore della scienza, Joe Biden, e oggi gli Stati Uniti sono di nuovo nell’Accordo di Parigi. Forse, finalmente, qualcosa cambierà anche sul fronte della disinformazione climatica.
ET e PV per Rete Clima
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