Cambiamenti climatici: diminuita la capacità delle piante di assorbire la CO2 atmosferica
Il riscaldamento globale sta causato un rallentamento della capacità delle piante di fissare l’anidride carbonica atmosferica, trasformandola in molecole organiche.
Uno studio della NASA mostra l’evoluzione di questo fenomeno nel corso degli anni: nell’immagine in verde sono evidenziate le aree in cui la produttività delle piante è aumentata, in rosso le aree in cui la produttività è calata.
Si tratta di un dato preoccupante dato che dal 2000 al 2009 l'inaridimento della terra ha comportato una diminuzione netta delle capacità di fissazione del carboni atmosferico mediante il processo fotosintetico (nelle zone rosse).
I ricercatori Maosheng Zhao e Steven Correndo, dell'Università del Montana hanno scoperto questo trend analizzando i dati satellitari della Nasa: si tratta di un trend pericoloso, che potrebbe avere un impatto sulla sicurezza alimentare, sulla produzione di biofuels (biocarburanti) e sul ciclo globale del carbonio.
I ricercatori: “Vediamo questo fenomeno con un po’ di sorpresa e cogliamo effetti potenzialmente significanti a livello politico, perché le precedenti interpretazioni scientifiche suggerivano che il riscaldamento globale avrebbe favorito la crescita vegetale in tutto il mondo".
Diane Wickland, NASA: “Questi risultati sono straordinariamente significativi perché mostrano che l’effetto globale netto del riscaldamento climatico nei confronti della produttività della vegetazione terrestre non è necessariamente positivo, come invece era stato documentato durante gli anni ’80 e ‘90”.
Questa informazione concorda pienamente con i risultati di uno studio dell'anno scorso, pubblicato sulla rivista online Nature Geoscience, in parte finanziato dall'Unione europea attraverso il Progetto CARBOOCEAN ("Marine carbon sources and sinks assessment").
Durante il periodo 1959-2008, i pozzi naturali di carbonio hanno assorbito in media il 57% delle emissioni prodotte dalle attività umane. Tuttavia, alcuni elementi dimostrano che l'efficacia di questi pozzi sta probabilmente diminuendo: mentre 50 anni fa i pozzi assorbivano il 60% delle emissioni prodotte, il valore di assorbimento è passato al 55% nel corso degli ultimi anni.<
I modelli computerizzati utilizzati durante il progetto di ricerca suggeriscono che questo indebolimento nell'efficacia dei pozzi di carbonio potrebbe essere dovuto al cambiamento climatico.
È tuttavia di primaria importanza svolgere ulteriore attività di ricerca in questo ambito al fine di poter meglio quantificare dove finisce il carbonio e quali sono gli elementi in grado di determinare l'efficacia dei pozzi di carbonio.
Corinne Le Quéré, Professoressa dell'Università dell'East Anglia (Regno Unito) e del British Antarctic Survey: "L'unico modo per controllare il cambiamento climatico rimane una drastica riduzione delle emissioni globali di CO2".
E poi: "I pozzi di carbonio presenti sulla Terra sono complessi e ci sono ancora delle lacune nella nostra conoscenza, in particolare per quanto concerne la nostra capacità di associare le emissioni di CO2 derivanti dall'attività umana alle concentrazioni atmosferiche di CO2 su base annua. Se riuscissimo ad approfondire le nostre conoscenze sui pozzi di carbonio, potremmo però utilizzare i nostri dati per verificare l'efficacia delle politiche adottate per il controllo del cambiamento climatico".
I ricercatori hanno nel frattempo concluso lo studio, avvertendo che "la chiave per ridurre sensibilmente le emissioni quando finirà la crisi congiunturale internazionale risiederà in un ripensamento dell'utilizzo dell'uso dell'energia in modo tale da 'separare' le emissioni dal PIL".
Un buon augurio.
Lo Staff di Rete Clima®