Decarbonizzazione e stranded asset: rischi ed opportunità della rivoluzione sostenibile

Decarbonizzazione e stranded asset: rischi ed opportunità della rivoluzione sostenibile

Come scrivevamo in un nostro precedente articolo, gli scienziati non hanno dubbi: la stessa sopravvivenza dell’umanità contro i rischi del riscaldamento climatico richiede interventi strutturali, rapidi, efficaci e con effetti duraturi nel tempo.

Per vincere questa sfida servono infatti scelte politiche coraggiose, nuovi modelli di consumo sostenibile, investimenti per accelerare la transizione energetica per abbandonare al più presto l’utilizzo di combustibili fossili.

Quest’ultimi sono infatti la causa principale della crisi climatica: in particolare carbone, petrolio (e derivati) e gas naturale sono considerati i principali responsabili del rilascio di emissioni di gas climalteranti in atmosfera e pertanto sono stati i primi ad essere entrati in phase out.

Come previsto dall’Accordo di Parigi, infatti, l’obiettivo è quello di dimezzare le emissioni di gas serra entro il 2030 e raggiungere una situazione di bilanciamento tra le emissioni prodotte e quelle riassorbite (cosiddetto “Net Zero”) entro il 2050.

Il processo di decarbonizzazione degli attuali sistemi produttivi ha quindi innescato un processo di svalutazione di tutti gli asset legati ai combustibili fossili, che si manifesta appunto come una perdita di valore degli stessi asset, delle aziende che li possiedono e, ove quotate, degli indici azionari che li rappresentano.

Ci riferiamo al rischio finanziario noto con il termine stranded asset (traducibile letteralmente come “bene incagliato”) che interessa l’intero sistema finanziario mondiale.

Si stima addirittura che la portata di questo fenomeno possa innescare una nuova crisi finanziaria, stavolta connessa alla cosiddetta “carbon bubble”, di cui già parlavamo anni orsono su questo sito, nella quale gli asset legati ai combustibili fossili subiranno una svalutazione del 37%-50%, pari a 13-17 trilioni di dollari[1].

Cosa sono gli stranded asset? Da dove hanno origine?

Il concetto degli stranded asset causati del cambiamento climatico è stato reso popolare dal rapporto Unburnable Carbon realizzato dalla Carbon Tracker Initiative[2] nel 2011, che li definisce come un “risultato di cambiamenti nel mercato e nel contesto normativo associati alla transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio”.

Ma, in realtà, i beni incagliati possono essere definiti più in generale come “qualsiasi asset o investimento che prima della fine della loro vita economica, non sono più in grado di generare un ritorno economico a causa dei cambiamenti nel mercato e nell'ambiente normativo”.

Non è un concetto del tutto nuovo. L’economista tedesco Joseph Schumpeter, con la sua teoria della “Distruzione Creativa”, sosteneva infatti che ogni mutazione industriale che rivoluziona la struttura di un sistema economico genera un duplice effetto: distrugge incessantemente il sistema vecchio e crea incessantemente quello nuovo.

Allo stesso modo, nel contrasto ai cambiamenti climatici, la transizione energetica eroderà l’economia fossile creando spazio per nuovi modelli più sostenibili.

Se a livello teorico una transizione graduale e ordinata potrebbe presentare un impatto finanziario contenuto, il vero problema è che c’è tempo da perdere per questioni prettamente fisiche, ambientali: questioni che evidentemente devono essere messe al primo posto rispetto a quelle finanziarie!

Infatti, come indicato nel sesto rapporto di sintesi di IPCC, tanto più velocemente abbandoneremo l’uso delle fonti fossili tanto più riusciremo a contenere le conseguenze del cambiamento climatico.

Conseguentemente, tanto più rapidamente riusciremo a decarbonizzare le nostre economie a favore delle rinnovabili, tanto più grave sarà l’arenamento degli asset legati ai combustibili fossili.

Quali sono i settori più esposti al rischio dei stranded asset?

  • L’industria dei combustibili fossili: carbone, petrolio e gas naturale

L'industria del carbone è un ottimo esempio di un'industria che deve affrontare un significativo rischio di stranded asset.

Ad esempio, nei soli Stati Uniti oltre 300 centrali a carbone negli Stati Uniti sono state dismesse dal 2010 ad oggi a causa delle normative ambientali, ma anche della concorrenza del più economico gas naturale e delle più economiche fonti di energia rinnovabile[3].

Anche nel settore petrolifero e del gas gli investimenti nell'esplorazione e nell’estrazione stanno diventando più rischiosi e meno redditizi. Nel 2022[4], il colosso energetico BP ha annunciato l'intenzione di ridurre la produzione di petrolio e gas del 40% entro il 2030 e di decuplicare i suoi investimenti nelle energie rinnovabili.

Questo cambiamento strategico evidenzia il riconoscimento da parte dell'azienda dei rischi associati agli stranded asset e i suoi sforzi per passare a un modello di business più sostenibile.

  • Industria automobilistica

Nell'industria automobilistica sta avvenendo una transizione verso la produzione di veicoli elettrici.

Le case automobilistiche con investimenti significativi nelle tecnologie tradizionali dei motori a combustione interna potrebbero ritrovarsi con risorse bloccate man mano che i veicoli elettrici guadagneranno quote di mercato.

Ad esempio, General Motors si è impegnata a eliminare gradualmente i veicoli a benzina e diesel entro il 2035 e prevede di investire 27 miliardi di dollari in veicoli elettrici e autonomi entro il 2025[5].

  • Il settore degli edifici

Secondo il rapporto IRENA[6], Il settore che registra il più alto rischio di bene incagliati su scala globale è quello degli edifici, con circa 10,8 trilioni di dollari a rischio svalutazione.

Questo è dovuto al bassissimo tasso di ricostruzione degli edifici, ciò significa che il patrimonio immobiliare resterà mediamente inefficiente, anche nell’ipotesi in cui tutti i nuovi edifici saranno costruiti secondo i più elevati standard in termini di efficienza energetica e con sistemi di energia rinnovabile integrati.

Ciò è particolarmente vero negli Stati Uniti e nell'Europa occidentale, dove la crescita del patrimonio edilizio è lenta e i nuovi edifici rappresentano solo una quota marginale del patrimonio totale.

Quali contromisure per mitigare il rischio degli asset incagliati?

Una importante risposta che alcune aziende stanno contrapponendo al rischio degli stranded asset è l’implementazione di un sistema di valutazione e gestione dei rischi climatici.

Ad esempio, la Task Force on Climate-related Financial Disclosures (TCFD) fornisce linee guida per le aziende per divulgare i rischi legati al clima, compreso il rischio di stranded assets.

Un sondaggio del 2021 della Global Association of Risk Professionals ha rilevato che il 72% degli istituti finanziari sta incorporando il rischio climatico nei propri processi di gestione del rischio. [7]

Un’altra importante risposta proviene dal settore finanziario che sta integrando i criteri ambientali, sociali e di governance (ESG) nelle strategie di investimento, con particolare attenzione alla riduzione di investimenti in infrastrutture e attività carbon intensive.

Secondo un rapporto del 2022 di Morningstar[8], gli asset globali dei fondi sostenibili hanno raggiunto i 2,7 trilioni di dollari, riflettendo una crescente domanda di investimenti incentrati sui fattori ESG. Questa tendenza sta allontanando i capitali dalle industrie ad alta intensità di carbonio e verso settori più sostenibili.

Altre aziende invece provano a giocare d’anticipo per cavalcare l'onda della “distruzione creativa”.

E il caso di alcune aziende energetiche he hanno investito massicciamente in progetti di energia rinnovabile per ridurre la loro dipendenza dai combustibili fossili.

Ad esempio, Equinor, importante società energetica norvegese, sta diversificando il proprio portafoglio investendo in progetti eolici offshore. Nel 2022, Equinor ha annunciato l'intenzione di decuplicare la sua capacità di energia rinnovabile entro il 2030, evidenziando la sua strategia per mitigare il rischio di stranded asset nel settore petrolifero e del gas.

Oppure, restando in Italia, non si può non citare il caso di Erg che ormai molti anni orsono ha completamente ceduto i suoi asset fossili (rete di distributori stradali di carburanti) per investire in impianti eolici, diventando uno dei principali produttori di energia eolica in Italia.

Conclusioni

Gli stranded asset rappresentano un’importante sfida nell'attuale panorama economico e ambientale globale.

Comprendere le cause e le implicazioni dell'arenamento degli asset è essenziale per le parti interessate per mitigare i rischi e affrontare la transizione verso un futuro più sostenibile.

L'adozione di nuove tecnologie e strategie proattive per la decarbonizzazione come la diversificazione, l’allineamento delle politiche e il coinvolgimento degli stakeholder, le aziende possono ridurre la loro esposizione all'asset stranding e contribuire a un'economia più resiliente e sostenibile.


Investire in ricerca e sviluppo per rinnovare ed adattarsi alle mutevoli condizioni di mercato può aiutare le aziende a rimanere competitive.

[1] T.A. Hansen, Stranded assets and reduced profits: Analyzing the economic underpinnings of the fossil fuel industry's resistance to climate stabilization, ScienceDirect, 2022

[2] https://carbontracker.org/resources/terms-list/#unburnable-carbon

[3] Sierra Club. (2023). "Retirement of U.S. Coal Plants."

[4] BP. (2022). "Strategic Shift towards Renewable Energy."

[5] https://www.nbcnews.com/business/autos/gm-mary-barra-all-electric-ev-commitment-rcna155389

[6] IRENA (2017), “Stranded assets and renewables: how the energy transition affects the value of energy reserves,

buildings and capital stock”, International Renewable Energy Agency (IRENA), Abu Dhabi, www.irena.org/remap

[7] Swiss Re. (2021). "Insurance and Climate Risk."

[8] Morningstar. (2022). "Global Sustainable Fund Assets Report."