Emissioni di metano dal permafrost artico e cambiamento climatico: brutte notizie anche durante la stagione fredda
Un articolo realizzato da un pool internazionale di ricercatori dal titolo "Cold season emissions dominate the Arctic tundra methane budget" e recentemente pubblicato su Pnas (Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America), porta nuove indicazioni circa il rilascio di metano (che è anche un importante gas ad effetto serra) dal permafrost artico durante il periodo più freddo dell'anno.
Il permafrost è la porzione di suolo perennemente ghiacciato che copre circa un quarto delle terre emerse nell’emisfero settentrionale del globo, che si costituisce come un importantissimo comparto dentro cui il carbonio che viene stoccato evitando una sua liberazione in atmosfera (in forma di gas climalteranti quali essenzialmente CO2 e metano).
La tematica è importante rispetto alle dinamiche climatiche globali, dal momento che nel permafost sono intrappolati circa 1.500 miliardi di t di carbonio (cioè circa il doppio della quantità massica di carbonio ad oggi presente in atmosfera) che, a causa dello scioglimento dei ghiacci dovuto al climate change, potrebbero essere rilasciate nell’atmosfera in forma di CO2 e di metano (CH4) aggravando ulteriormente la problematica del riscaldamento climatico.
I ricercatori hanno istallato cinque torri Eddy covariance (Ec) e utilizzato le piattaforme aeree della Nasa (già usate nell’ambito dei programmi Carve-Carbon in Arctic Vulnerability Experiment e Hippo-Hiaper Pole-to-Pole Observation), che hanno sorvolato le aree studiate in diversi momenti dell’anno concludendo che: "Contrariamente a quanto si era ipotizzato finora, le emissioni nella stagione fredda dominano il budget annuale di CH4 (metano) nei siti. Il motivo della persistenza di emissioni biogeniche in inverno risiede nella cosiddetta zero curtain, una condizione fisica in cui strati di suolo a media profondità, confinati in basso dal permafrost ed in alto dagli strati superficiali di neve-ghiaccio, riescono a permanere a temperature prossime allo zero, mantenendo attivi i processi biologici anche con temperature dell’aria estremamente più basse".
Qui alcuni estratti dal Comunicato stampa del CNR-Ibimet, a cui appartiene uno dei ricercatori (Beniamino Gioli) che ha collaborato allo studio: "L’Artico rappresenta un anello critico per l’equilibrio del sistema climatico globale, in quanto contiene immense quantità di carbonio immagazzinate sotto forma di permafrost che, con l’aumento della temperatura rischiano di essere degradate ed emesse in grande quantità in atmosfera, amplificando l’effetto serra ed il riscaldamento globale. Nella stagione fredda, queste emissioni di metano, gas serra con un potenziale di riscaldamento globale ben maggiore dell'anidride carbonica, sono sorprendentemente uguali o addirittura maggiori a quelle dell’estate".
Beniamino Gioli: "Le conoscenze disponibili finora lasciavano credere che gli ecosistemi artici fossero emettitori di gas serra solo nella stagione calda, quando il permafrost riesce a scongelarsi in superficie e la sostanza organica viene decomposta, causando il rilascio di metano. Gli studi condotti a supporto di questa assunzione si concentravano però sui mesi estivi, trascurando quelli invernali e primaverili che rappresentano il 70-80% dell’anno nelle regioni artiche".
I dati raccolti, che saranno assimilati in nuove parametrizzazioni delle emissioni di metano nei modelli climatici globali, contribuiranno al miglioramento delle strumentazioni e dei metodi atti a prevedere il ruolo degli ecosistemi nei processi climatici.
Beniamino Gioli: "Come è noto, una maggiore emissione di gas serra in atmosfera provoca un aumento della temperatura, che a sua volta rende degradabili frazioni di permafrost conservate nel suolo da lungo tempo, provocando un nuovo innalzamento delle emissioni. Se alcuni ecosistemi terrestri come le foreste oggi stanno mitigando le emissioni antropogeniche assorbendo carbonio a livello globale, altri ecosistemi come la tundra artica potranno rilasciare in atmosfera crescenti quantità di carbonio accumulate nei secoli, di fatto amplificando le emissioni globali, con conseguente accelerazione del cambiamento climatico".
Questo studio dimostra ulteriormente che il riscaldamento climatico indotto dall'uomo può avere effetti a catena sui diversi comparti ambientali, generando retroazioni tanto negative quanto ulteriormente aggravanti la problematica climatica globale.
Qui un elenco di pubblicazioni realizzate sulla tematica del rilascio di carbonio dal permafrost, a cura del Permafrost Carbon Network.
Lo Staff di Rete Clima®