Cambiamento climatico e territorio: dal report IPCC rischi per sicurezza alimentare, biodiversità e servizi ecosistemici
E' stato rilasciato dall'IPCC (Intergovernamental Panel on Climate Change) il nuovo report "Climate Change ad Land" ("Cambiamento climatico e territorio"), realizzato da 107 autori di 52 Paesi differenti, che per 3 anni hanno analizzato circa 7.000 pubblicazioni scientifiche in materia: questo documento, che verrà rilasciato in forma integrale nel prossimo autunno, fa seguito al precedente importante Rapporto speciale sul Riscaldamento Globale di 1,5°C dell'ottobre 2018 (di cui a seguito video illustrativo).
Il nuovo report è frutto di un lavoro di ricerca dei legami tra agricoltura, degrado del territorio, desertificazione, sicurezza alimentare e cambiamenti climatici.
Il report mette al centro il territorio quale attore di contrasto al cambiamento climatico ma anche quale luogo dove lo stesso climate change genera i suoi effetti: il territorio è infatti il target di una pressione esercitata dai cambiamenti climatici cui su aggiunge anche una crescente pressione antropica.
Il nuovo rapporto IPCC mostra che una migliore gestione del territorio può contribuire efficacemente ad affrontare i cambiamenti climatici, riducendo la produzione di gas serra ed aumentando le resilienza del territorio stesso: produzione sostenibile di cibo, gestione sostenibile delle foreste, gestione del carbonio organico nel suolo, conservazione degli ecosistemi, ripristino del territorio, riduzione della deforestazione e del degrado, riduzione della perdita e dello spreco di cibo.
In particolare riferimento all'alimentazione, secondo il report il riscaldamento globale causato dall’uomo farà aumentare la siccità e le piogge estreme in tutto il mondo mettendo a rischio la produzione agricola e la sicurezza delle forniture di prodotti alimentari: le conseguenze saranno importanti e a carico soprattutto delle popolazioni più povere di Africa e Asia, con conseguenti guerre e migrazioni (vedi post sui "migranti climatici").
Quale è il contributo del settore agro-forestale ai cambiamenti climatici?
Il territorio, che è sia fonte ("source") che assorbitore (“sink”) di gas ad effetto serra, svolge un ruolo chiave nello scambio di energia, acqua e aerosol tra la superficie terrestre e l’atmosfera.
Qualche dato:
- circa il 23% delle emissioni di gas serra di origine umana proviene da agricoltura, silvicoltura e altri usi del suolo (AFOLU). Le emissioni sono prevalentemente dovute alla deforestazione, parzialmente compensate da imboschimenti e rimboschimenti e da altri usi del suolo. L’agricoltura è responsabile di circa la metà delle emissioni di metano antropogeniche ed è la principale fonte di protossido di azoto, due gas ad effetto serra molto importanti;
- la biosfera terrestre assorbe quasi il 30% delle emissioni umane di CO2 grazie ai processi naturali. Tuttavia, questa funzione è sensibile agli impatti dei cambiamenti climatici (ad es. a causa dell’aumento della siccità e degli incendi) e ad altre pressioni ambientali e umane;
- i cambiamenti di uso del suolo modificano le proprietà biofisiche della superficie terrestre (bilancio di energia e bilancio idrico), situazione che porta ad ulteriori variazioni di temperatura e di precipitazioni a scala locale.
Quanto il sistema di produzione alimentare contribuisce ai cambiamenti climatici?
- Il sistema alimentare globale contribuisce per circa il 25-30% delle emissioni antropogeniche di gas serra. Dal 1960 il consumo di calorie pro capite è aumentato di circa un terzo, il consumo di carne è raddoppiato. Allo stesso tempo, lo spreco alimentare pro capite è aumentato del 40% e corrisponde attualmente al 25-30% del cibo prodotto (che a sua volta contribuisce all’ 8–10% delle emissioni del sistema alimentare);
- per limitare l’innalzamento della temperatura globale entro i 2°C, obiettivo di COP 21 di Parigi, è necessario un cambiamento diffuso delle abitudini alimentari verso diete a basse emissioni di carbonio, che prevedono un consumo maggiore di vegetali e frutta, e una sostanziale riduzione di consumo di carni rosse. Una transizione diffusa a diete più "enviromental friendly" avrebbe un potenziale di riduzione pari a 1.8-3.4 Gt CO2eq all’anno al 2030, una riduzione di emissione confrontabile alle emissioni generate dalla deforestazione mondiale;
- il 10% della popolazione mondiale (pari a 821 milioni di persone) sono denutrite, mentre il 25% (circa 2 miliardi) sono in sovrappeso.
A quali rischi sono esposti gli ecosistemi terrestri a causa dei cambiamenti climatici?
- i cambiamenti climatici aggravano le pressioni esistenti sulle risorse terrestri, sui servizi ecosistemici e sulla biodiversità;
- la temperatura dell’aria sulle terre emerse è aumentata più rapidamente della media globale e ha superato + 1°C rispetto all’era preindustriale;
- i cambiamenti climatici aumentano il tasso e l’entità del degrado del suolo attraverso due fattori principali: aumento della frequenza, intensità e/o quantità di forti precipitazioni e aumento dello stress da calore;
- il riscaldamento globale in futuro aggraverà ulteriormente i processi di degrado attraverso inondazioni e più frequenti fenomeni siccitosi, aumento dell’intensità dei cicloni e innalzamento del livello del mare con effetti differenziati a seconda della gestione del territorio;
- la distribuzione di parassiti e patologie cambierà, influenzando negativamente la produzione agricola in molte regioni;
- in particolare, nella regione del Mediterraneo la diminuzione osservata e prevista delle precipitazioni annuali a causa dei cambiamenti climatici è accompagnata da un aumento dell’intensità delle precipitazioni con conseguente erosione del suolo.
Quali sono i rischi per la sicurezza alimentare?
- L’aumento delle temperature sta influenzando la produttività agricola a latitudini più elevate aumentando le rese di alcune colture (mais, cotone, grano, barbabietole da zucchero), mentre nelle regioni a latitudine inferiore le rese di altre colture (quali mais, grano, orzo) sono in calo. Il riscaldamento climatico, aggravato dalla siccità, ha causato una riduzione della produttività nell’Europa meridionale;
- il cambiamento climatico sta minacciando la sicurezza alimentare nelle zone aride del pianeta, in particolare in Africa, e nelle regioni montuose dell’Asia e del Sud America;
- in futuro il cambiamento climatico avrà un ulteriore impatto sulla resa agricola, la qualità e l’offerta di cibo, con un possibile aumento dei prezzi alimentari. E’ previsto un aumento fino al 23% per il 2050 rispetto agli scenari senza cambiamento climatico;
- se da un lato un aumento contenuto della concentrazione della CO2 atmosferica potrebbe migliorare la produttività delle colture, dall’altro diminuisce la qualità nutrizionale di alcuni alimenti.
Quali sono le regioni più a rischio?
- Gli impatti futuri dei cambiamenti climatici possono variare significativamente da una regione all’altra. Si prevede che i raccolti diminuiranno con l’aumento delle temperature, soprattutto nelle regioni tropicali e sub-tropicali;
- molto probabilmente l’aridità aumenterà in alcune zone dell’Asia meridionale centrale e orientale, e dell’Africa occidentale, dove risiede circa la metà delle popolazioni più vulnerabili, con gravi rischi per la sicurezza alimentare e conseguente aumento dei fenomeni migratori: gli effetti dipenderanno principalmente dall’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari e dalla riduzione dei terreni disponibili per la produzione agricola;
- anche la regione del Mediterraneo sta subendo una riduzione di produttività agricola dovuta all’aumento dell’intensità delle precipitazioni e dell’aridità, un trend che probabilmente aumenterà nel futuro.
In sintesi: centinaia di milioni di persone abitanti nelle nazioni più povere del pianeta che dovranno lottare per produrre cibo sufficiente a soddisfare i loro bisogni alimentari. L'azione combinata dell'aumento della domanda di alimenti e dei cambiamenti climatici sulle aree agricole e naturali (con conseguenti aumenti di prezzo degli alimenti) innescherà migrazioni di massa e conflitti.
Il report IPCC conclude affermando che l'umanità dovrà rivedere il modo di coltivare se intende concretamente frenare gli impatti dei cambiamenti climatici e produrre alimenti e fibre per una popolazione in continua crescita, dagli attuali 7,7 miliardi ai 10 miliardi nel 2050.
Lo Staff di Rete Clima
Per approfondimenti consultare la pagina web dedicata a questo report sul sito web del Cmcc (Centro euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici).