Federalismo fiscale e demaniale: territorio in svendita?
Prima domanda: territorio in vendita/svendita?
Seconda domanda: in vendita a chi? Ai "soliti noti" già decisi?
Ma veniamo ai fatti. Mercoledì 19 maggio è atteso il voto finale della Commissione bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale a proposito del decreto relativo ai beni demaniali: si tratta –cioè- degli immensi terreni, sorgenti di acque minerali e termali che fanno parte del patrimonio dello Stato che –secondo la bozza in discussione- potranno passare a Comuni, Province, Città metropolitane. In modo che questi possano gestirli per “valorizzarli”.
"Valorizzare" significa poter vendere, e pensiamo che questa sarà una strada molto battuta dai Comuni al fine di incamerare entrate extra che servono loro per sopravvivere: sicuramente il taglio dell’ICI ha tagliato loro molti fondi, ma è anche vero che le “avventure finanziarie” di molti amministratori comunali hanno messo in ginocchio bilanci già poco floridi.
Oltre tutto, proprio a fronte di bilanci non floridi, si consideri anche che gli enti locali gestori dovrebbero trovare i soldi per gli oneri di gestione e manutenzione dei loro “nuovi” beni, che prima erano coperti dallo Stato.
Da un lato fondi extra, dall’altro costi non sostenibili (e in mezzo il nostro territorio). E allora la domanda viene da sé: a seguito della “federalizzazione” gli enti potranno o DOVRANNO vendere i beni a loro concessi in gestione? A quali scopi? Edilizi?
Se questo è il primo passo del –pur necessario e legittimo- federalismo fiscale, purtroppo si inizia davvero male. Le conseguenze sono sviscerate in un dossier dei Verdi, il cui presidente Bonelli, in un’intervista a Terra!, si dichiara stupito per “la totale disattenzione delle forze di opposizione, che in Parlamento non si sono rese conto delle conseguenze di questa norma”.
Anche Legambiente in una sua nota precisa che questo processo: “....avvia la possibilità di trasferire molti beni statali agli enti e alle autonomie locali, sebbene con procedure di alienabilità immutate, aprendo la strada alla possibilità per Comuni, Province e per lo Stato di fare cassa svendendo caserme e aeroporti ma anche miniere, terreni, laghi e fiumi, parti di paesaggio che costituiscono un patrimonio unico per il Belpaese”.
Complessivamente i beni demaniali sono valutati in 51 miliardi di euro.
Il dossier dei Verdi si concentra soprattutto sulle aree agricole (ma sarebbe interessante approfondire anche su acque minerali e termali) che ammontano a circa 1 milione di ettari. Nel dossier si fa qualche conto: se anche solo il 4% di queste aree trasferite venisse dichiarato edificabile, e se su di esse verrà applicato un (pur bassissimo) indice di cubatura di 0,8, sulle aree ex demaniali potrebbero essere costruiti edifici per 300 milioni di metri cubi (tanto per dare un’idea, si tratta di un volume corrispondente all’incirca a un milione di appartamenti con una superficie di 100 metri quadrati l’uno).
A proposito di edilizia senza limiti, ecco le parole di Bonelli: “Di per sé il passaggio agli enti locali non è certo una cattiva cosa. Il problema nasce però quando si vanno a leggere bene le carte. C'è infatti una norma che prevede la possibilità, per gli enti locali, di avviare un programma di alienazioni accompagnata da eventuali varianti urbanistiche. Questo significa che potranno vendere un terreno agricolo a un privato ad un prezzo bassissimo, quindi potranno concedere la variante urbanistica per costruire un immobile e l'acquirente vedrà centuplicato l'investimento iniziale”.
Continua Bonelli: “Sono convinto che i nomi dei ‘beneficiari' siano già stati scritti» e chiede all'opposizione che sul federalismo demaniale faccia ostruzionismo in Parlamento «perché non si può condividere un provvedimento che farà decuplicare i conti correnti dei grandi speculatori e cementificatori italiani”.
Bonelli: "Il voto bipartisan nelle Commissioni Affari Costituzionali e Finanze è un fatto di una gravità inaudita e che lascia sbigottiti". "Noi Verdi siamo letteralmente senza parole per il sì ad una norma che mette in vendita il territorio nazionale e che consente le varianti edilizie, con conseguente cementificazione, nelle aree che saranno cedute".
Teatro di tutto questo fervore edilizio sarebbe un’Italia dove 750.000 ettari di terreno (un’estensione circa pari all’Umbria) sono stati “mangiati” da case, capannoni e affini fra il 1995 e il 2006. Dove ultimamente sono stati varati i piani casa regionali. E dove il20% degli alloggi è vuoto ed inutilizzato.
Lo Staff di Rete Clima®
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