COP16: misurare la biodiversità, una necessità per governi e aziende

COP16: misurare la biodiversità, una necessità per governi e aziende

Misurare la biodiversità per capire come agire

Per affrontare la perdita di biodiversità è necessario avere una misura dello stato della biodiversità, degli impatti socio-economici correlati, e sistemi di valutazione dell'efficacia delle decisioni politiche e gestionali.

Questo tema è stato ripreso in decine di eventi a COP16 che hanno ribadito la centralità dei sistemi di monitoraggio, anche attraverso l'uso di indicatori, come riconosciuto dall'articolo 7 della Convenzione.

Dal settore finanziario in cerca di “una metrica per includerle tutte” ai settori geospaziali con il lancio del Global Ecosystems Atlas, dai negoziati in cerca di armonizzare l’avanzamento dei Piani nazionali per la biodiversità al settore privato per avere metriche su impatti e dipendenze legati alla natura, il dilemma delle metriche ha sicuramente tenuto banco, con vari esperti che hanno rivelato di “tornare a casa anche più confusi di prima”.

Gli indicatori sono strumenti informativi che sintetizzano i dati su questioni ambientali e socioeconomiche varie e complesse per indicare lo stato generale e le tendenze. Possono essere utilizzati per valutare i progressi verso gli obiettivi desiderati a varie scale e per segnalare le questioni chiave da affrontare attraverso interventi politici e altre azioni.

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Il Framework globale per la biodiversità (GBF) di Kunming-Montreal è accompagnato da un quadro di monitoraggio dettagliato che comprende una serie di indicatori concordati per monitorare i progressi verso gli Obiettivi e i Traguardi del Quadro, adottato con la decisione 15/5: qui sono compresi indicatori generali, raccomandati per il monitoraggio nazionale, regionale e globale, e indicatori complementari e componenti più dettagliate.

Esso dovrebbe essere completato entro la fine dei lavori di COP16.

Global Ecosystems Atlas: uno strumento per misurare la biodiversità

Uno degli annunci più importanti durante i negoziati di Cali è stato quello del lancio del proof-of-concept dell'Atlante globale degli ecosistemi (Global Ecosystems Atlas) da parte del Group of Earth Observation (GEO), la prima risorsa armonizzata dedicata alla mappatura e al monitoraggio di tutti gli ecosistemi del mondo.

L’atlante sarà disponibile per responsabili politici, istituzioni finanziarie, aziende private e comunità locali per prendere decisioni informate, sostenere la sostenibilità e gestire i rischi.

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Fonte immagine: The Group on Earth Observations

"Gli ecosistemi sono il supporto vitale del nostro pianeta, ma la loro comprensione è stata ostacolata non solo dalla mancanza di dati, ma anche dalla complessità del panorama delle parti interessate, con molti che ritenevano impossibile un accordo su uno strumento comune”, ha dichiarato all’autore Yana Gevorgyan, direttrice di GEO.

Yana Gevorgyan: “Noi di GEO abbiamo abbracciato questa sfida, procedendo passo dopo passo, coinvolgendo le giuste parti interessate e costruendo la massa critica necessaria per realizzarla. Il lancio del proof-of-concept dell'Atlante degli ecosistemi globali è una testimonianza di perseveranza e collaborazione, che dimostra che quando ci uniamo con intenzione e scopo possiamo superare gli ostacoli e lavorare per un cambiamento trasformativo."

“Il Global Ecosystems Atlas è il primo sforzo intergovernativo per sviluppare una raccolta dei migliori dati sugli ecosistemi provenienti dai Paesi e servirà come strumento fondamentale per fornire dati affidabili e di alta qualità sugli ecosistemi di tutto il mondo", ha dichiarato Astrid Schomaker, segretaria esecutiva della Convenzione sulla Biodiversità.

Secondo fonti a conoscenza con il progetto, l’Atlas sarà pronto in tempo per COP17 nel 2026 e servirà non solo per la convenzione sulla Biodiversità ma anche per armonizzare i dati di tutte le Convenzioni ONU (CBD, UNFCCC, UNCCD) e altre applicazioni come UN SEEA (System of Environmental Economic Accounting).

Metriche per aziende: misurare la biodiversità

Per il settore privato, anche grazie alla CSRD, diventa sempre più importante misurare gli impatti e le dipendenze connesse alla biodiversità.

Secondo Bihar Sindhu, esperto di una grande società di consulenza, per le aziende ci sono due metriche particolarmente importanti per conoscere la biodiversità dove si opera.

Bihar Sindhu: “La prima sono gli indici di Simpson o quello di Shannon, due modelli simili che calcolano il numero di specie presenti e la quota di individui. Il secondo è l’MSA, Mean Species Aboundance, ovvero quante specie sono presenti in una determinata area diviso il numero potenziale di specie se fosse un’area completamente naturale e salubre.

Ci sono anche altri indici, focalizzati sui taxa, come il Farmland Birds Index, ma sono poco utili per un’azienda.”

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Sulle dipendenze invece ci sono almeno quattro classi di metriche di dipendenza, ovvero come la perdita di biodiversità impatta sul business: perdita e disponibilità di suolo, inquinamento (ad esempio la quantità di pesticidi impiegati), specie invasive, consumo di risorse (litri d’acqua disponibili).

A queste si può aggiungere anche il cambiamento climatico come driver che impatta sulla biodiversità.

Due dei principali sistemi di reporting impiegati nel settore privato sono la Taskforce on Nature-related Financial Disclosures (TNFD) e la Global Reporting Initiative (GRI), che vengono citate come quadri di riferimento fondamentali per l'integrazione della biodiversità e della rendicontazione della sostenibilità nella finanza globale e nelle pratiche commerciali e industriali, specie nell’agrobusiness.

La prima, sostenuta dall’UNEP potrebbe essere anche menzionata direttamente nel documento finale dei negoziati di Cali, nonostante sia stata criticata da molte ONG, anche per il fatto di non affrontare la doppia materialità e di essere eccessivamente legata agli interessi privati.

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Intanto la Nature Positive Initiative (un’iniziativa di ONG, imprese, organizzazioni governative) ha convocato un processo per creare un consenso sulle migliori metriche per misurare la biodiversità e la natura in modo non solo credibile, ma anche pratico e accessibile per le Aziende, fino alle piccole e medie imprese, che sono quelle in cui si verifica la maggior parte dell'impatto sulla natura.

“Abbiamo mappato oltre 600 metriche e avviato una consultazione su questi parametri”, spiega il CEO della Nature Positive Initiative, Gavin Edwards, all’autore: “La consultazione continuerà fino a fine novembre. Speriamo di poter pubblicare le metriche sulla natura già a gennaio dell'anno prossimo.

Esse saranno poi validate dai vari sistemi di disclosure. TNFD, Global Reporting Initiative, Science-Based Targets Network, World Business Council on Sustainable Development vogliono tutti provare queste metriche e testarle con i loro clienti.

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Se le metriche funzioneranno bene, se hanno il giusto equilibrio tra credibilità e praticità, se ci aiuteranno a capire se un'azienda ha davvero un impatto sulla natura e quindi cosa può fare per mitigarlo, allora potranno essere integrate in tutto il sistema economico entro un anno dal lancio.”

Nel mentre la discussione su come creare la più grade architettura di dati e di intelligence per affrontare la tripla crisi planetaria continua.

Servono cautela e velocità: sbagliare metriche potrebbe inficiare per anni le reali analisi dei progressi su clima, biodiversità e inquinamento, rallentando la transizione nel mondo delle Aziende.

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