COP26: i risultati della prima settimana di lavori, tra luci ed ombre

COP26: i risultati della prima settimana di lavori, tra luci ed ombre

La prima settimana dei negoziati sul clima della COP26 di Glasgow è ormai giunta al termine: ecco un riassunto dei principali risultati raggiunti.

La buona notizia

In vista del vertice di Glasgow, le economie più avanzate del mondo hanno rafforzato i propri obiettivi di decarbonizzazione per il 2030. Non solo, anche i più importanti paesi in via di sviluppo hanno dichiarato nuovi target.

La Cina, formalizzando negli NDC (Nationally Determined Contribution) promesse precedenti, si è impegnata a raggiungere emissioni nette zero prima del 2060 e a toccare il picco delle emissioni entro il 2030. Alla Cop26 e al G20, il primo ministro indiano Narendra Modi ha dichiarato che l’India raggiungerà il “net zero” entro il 2070 e che, entro il 2030, espanderà la sua capacità di energia rinnovabile fino a coprire metà dell’intera produzione elettrica.

La buona notizia è che l’IEA (International Energy Agency) ha aggiornato l’analisi effettuata nell’annuale WEO 2021 (World Energy Outlook) con questi nuovi targets, e ha trovato che “se fossero soddisfatti per intero e in tempo, sarebbero sufficienti per mantenere l’aumento delle temperature medie globali a 1,8°C a fine secolo”, un obiettivo paradossalmente positivo se confrontato con i 2,1°C indicati nel WEO 2021 prima di metà ottobre.

Per la prima volta le previsioni rispettano l’obiettivo meno ambizioso dell’Accordo di Parigi (cioè il contenimento dell'aumento della temperatura media globale entro i +2°C). Si tratta una differenza cruciale nel limitare le conseguenze del cambiamento climatico. Analoghe proiezioni pubblicate su Science stimano un riscaldamento di +1,9°C per la fine del secolo.

Birol, a guida dell’IEA, ha precisato : “è essenziale che i governi trasformino oggi i loro impegni in azioni e strategie politiche chiare e credibili. Le ambizioni contano poco se non vengono realizzate con successo”.

Ad esempio, ci sono grossi dubbi su come l’India riuscirà ad ottemperare al nuovo obiettivo pur continuando a crescere e non prevedendo alcun picco delle emissioni.  

Nella prima settimana del negoziato, sono state inoltre annunciate nuove coalizioni per la decarbonizzazione dei settori dell’economia globale.

Queste includono: l'eliminazione graduale del carbone, l’impegno a ridurre le emissioni di metano, quello a porre fine alla deforestazione e gli stanziamenti ingenti di fondi da parte del mondo della finanza, sia pubblica che privata.

Mentre per l’accordo contro la deforestazione rimandiamo all’articolo di approfondimento, vediamo gli altri risultati in sintesi. 

Crediti: Italian Climate Network

Lo stop agli investimenti fossili

Porremo fine ai nuovi investimenti pubblici diretti al settore internazionale dei combustibili fossili “unabated” entro la fine del 2022, fatta eccezione per circostanze limitate e chiaramente definite che siano coerenti […] con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi”, così recita l’accordo siglato da venti stati, tra cui Regno Unito, Stati Uniti e Canada, e cinque istituti finanziari, tra cui la Banca europea per gli investimenti (BEI).

Purtroppo mancano all’appello Cina, Australia e altri big del carbone.

L’accordo prevede lo stop ai sussidi all’utilizzo dei fossili all’estero che non preveda forme di abbattimento delle emissioni (cosiddetti “unabated”): tale abbattimento avviene generalmente tramite la cattura e lo stoccaggio del carbonio (CCS) o progetti di riassorbimento delle emissioni.

Ricordiamo però che le tecnologie CCS sono ancora allo stadio sperimentale e non si possono stimare tempi certi di introduzione su larga scala. Non è chiaro però se, per rispettare i termini dell’accordo, il ri-assorbimento dovrà essere totale o solamente parziale.

Tra i venti stati c’è anche l’Italia, ma sembra che la posizione del nostro governo sia stata titubante fino all’ultimo. Come ricordato dall’associazione Italian Climate Network, l’Italia era nel 2015 il terzo investitore globale in progetti di estrazione in paesi terzi, dopo Danimarca e Germania: l’impegno italiano avrà dunque un impatto sulle aziende nazionali dell’oil&gas attive all’estero e potrebbe determinare una riduzione degli investimenti pubblici nel settore superiore ai 10 miliardi di euro.

Crediti: Unsplash. Miniera di carbone in Indonesia

La fuoriuscita dal carbone

Oltre 40 paesi (fra cui l’Italia) hanno firmato una dichiarazione con la quale si impegnano ad abbandonare l’uso del carbone “unabated” per produrre energia, nel corso degli anni 30 per le economie sviluppate, negli anni 40 per le altre, salvo la postilla “(or as soon as possible thereafter)”. Mancano all’appello AustraliaCina, Stati Uniti e India, cioè proprio le economie più fortemente dipendenti dal carbone.

Da menzionare la sottoscrizione della Polonia, il secondo maggior produttore di carbone in Europa dopo la Germania, e altri produttori, quali Ucraina e Cile.

Il patto sul metano

Già a metà settembre 2021 Stati Uniti e Unione Europea si erano accordati su un patto per ridurre le emissioni di metano, il “Global Methane Pledge. Alla COP26 Biden e von der Leyen hanno rilanciato l’accordo, ottenendo l’adesione di circa 105 paesi, corrispondenti al 40% delle emissioni globali di metano e al 60% del PIL mondiale. Tra i 30 maggiori emettitori, hanno firmato circa la metà, tra cui Brasile, Nigeria e Canada; purtroppo, non lo hanno fatto Cina, Russia e India.

Il patto prevede una riduzione di almeno il 30% delle emissioni di metano entro il 2030, rispetto ai valori del 2020.

Secondo un rapporto dell’UNEP, misure immediatamente disponibili e a basso costo (se non vantaggiose), in grado di abbattere di più del 30% le emissioni antropogeniche di metano previste questo decennio, ridurrebbero di 0,3°C il riscaldamento globale nei prossimi due decenni ed eviterebbero 255mila morti premature all’anno.

Il metano è infatti nocivo anche alla salute: la sua emissione è spesso accompagnata da sostanze pericolose (come il benzene) ed è precursore dell’ozono troposferico.

Crediti: GMA Global Methane Assessment  2021

Tra i principali emettitori di questo potente gas serra troviamo l’oil&gas, dove il metano può fuoriuscire lungo tutta la catena di approvvigionamento, le discariche, l'agricoltura e l'allevamento (soprattutto dei bovini): ciò vale soprattutto per quanto riguarda l’estrazione delle fonti energetiche fossili:

le emissioni di metano sono evitabili, le soluzioni sono collaudate e persino redditizie in molti casi. E i benefici in termini di riscaldamento a breve termine evitato sono enormi” (Faith Birol, IEA).

Il ruolo chiave della finanza

La finanza svolge un ruolo chiave nella massiccia trasformazione economica necessaria per la decarbonizzazione dell’economia, in termini di spostamento dei capitali verso attività sostenibili e di pressione sulle attività impattanti attualmente finanziate. Sicuramente, per la presidenza inglese della COP, essa rappresenta uno dei settori in cui ottenere i migliori risultati.

La Glasgow Financial Alliance for Net Zero (Gfanz), presentata questa settimana alla COP26 da Mark Carney, ex governatore della Banca d’Inghilterra ed inviato speciale delle Nazioni Unite per il clima, è una rete che comprende oltre 450 banche, fondi pensione e compagnie di assicurazione, disseminati in 45 diversi Stati.

Queste organizzazioni si sono impegnate ad azzerare le emissioni nette degli assets da loro gestiti entro il 2050: stiamo parlando di assets che, nel loro complesso, ammontano alla cifra di 130mila miliardi di dollari.

“Questo rapido, e a larga scala, aumento nel direzionamento dei capitali verso il net zero, attraverso il Gfanz, rende possibile la transizione verso un mondo a 1,5°C” (Mark Carney).

Mark Carney alla COP26

Tuttavia, gli esperti avvertono che questi impegni richiedono ben poco sforzo al 2030 e non contengono alcuna promessa rispetto al disinvestimento persino dai nuovi progetti fossili.

In conclusione

Il primo ministro britannico Boris Johnson si è detto "cautamente ottimista” sulle prospettive di riuscita della COP26; intanto però, fuori dalla COP ufficiale, migliaia di giovani manifestano in corteo e la loro leader, Greta Thunberg, dichiara:

È chiaro a tutti che la COP26 è un fallimento. Sono soltanto bei discorsi per nascondere parole vuote e bla bla bla”.

La speranza risiede in ulteriori passi in avanti nella seconda settimana di negoziati.

ET e PV per Rete Clima


Il testo originale degli accordi è consultabile alla pagina : https://ukcop26.org/the-conference/cop26-outcomes/