Elezioni USA: con la vittoria di Trump cosa succederà all’impegno climatico?

Elezioni USA: con la vittoria di Trump cosa succederà all’impegno climatico?

Lo scorso 5 novembre si sono tenute le elezioni del nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America, che hanno visto vincitore assoluto Donald Trump.

A partire dal prossimo 20 gennaio ritornerà a occupare lo studio ovale nella Casa Bianca.

Cosa significa questo risultato per il clima? Le previsioni purtroppo non sono delle migliori.

Trump: cosa ha fatto nella precedente legislazione?

Nel suo primo mandato Trump non aveva mascherato un forte negazionismo climatico, anzi, era stato parte del programma durante la campagna elettorale.

Già nel 2019 aveva pubblicato un tweet in cui commentava il fatto che a New York facesse troppo freddo e che un po’ di riscaldamento globale non avrebbe fatto male.

Ma l’azione che ha suscitato sgomento nel mondo fu l’abbandono, il 4 novembre del 2020, dell’Accordo di Parigi, segnale definitivo circa il fatto che a Trump interessasse poco clima e ambiente.

Fortunatamente nel febbraio 2021, durante l’amministrazione Biden, gli USA rientrarono nell’Accordo, riconfermando gli obiettivi di rimanere al di sotto della soglia dei +1,5°C in linea con tutti gli altri 194 Paesi firmatari.

Il peso degli USA sul clima globale

Perché interessa così tanto ciò che gli Stati Uniti faranno nei prossimi anni riguardo al cambiamento climatico?

Perché nel 2023 gli USA sono stati la seconda Nazione al mondo per il livello di emissioni di CO2 da fonti fossili, con quasi 5 miliardi di tonnellate, dietro solamente alla Cina (11,90 tCO2): la politica di Donald Trump è stata sempre quella di concorrenza alla Cina, una limitazione alla produzione statunitense viene quindi percepita dal neoeletto Presidente USA come un’azione impensabile.

Fonte immagine: Our World in Data

In tutto questo caos post elezioni americane, ci troviamo in una situazione globale a dir poco catastrofica.

Il primo giorno della COP 29 di Baku, il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres dice: “La catastrofe climatica sta colpendo la salute ampliando le disuguaglianze, danneggiando lo sviluppo sostenibile e scuotendo le fondamenta della pace. I più colpiti sono i vulnerabili”.

A sostegno di queste parole la World Meteorological Organization (Organizzazione Mondiale della Meteorologia), ha pubblicato un aggiornamento sullo stato del clima proprio in previsione della COP 29, nel quale viene riportato il dato secondo cui nel periodo tra gennaio e settembre del 2024, la temperatura media globale dell’aria in superficie è stata di 1,54°C, complice anche l’arrivo dell'arrivo del Niño.

Una delle prime cose che Trump ha promesso di fare è quella di smantellare l’Inflation Reduction Act e di bloccare ulteriori fondi per le politiche ambientali.

Con questo piano firmato da Biden nel 2022 gli Stati Uniti avrebbero avuto a disposizione l’astronomica cifra di 738 miliardi di dollari, molti dei quali sarebbero stati utilizzati per ricerca e miglioramento delle tecnologie sostenibili.

Il piano di Trump è quello invece di continuare a sfruttare il più possibile le fonti fossili, riaprendo impianti che erano stati chiusi dalla presidenza precedente e cercando nuovi pozzi da cui estrarre petrolio e gas naturale, incrementando peraltro anche l'uso del fraking e rallentando quindi l’abbandono ai combustibili fossili mondiale.

Insomma, le premesse non sono delle migliori, ma col tempo riusciremo a capire meglio quali saranno le reali intenzioni della presidenza Trump.

Il ruolo della Cina

Come già visto superiormente nel grafico dedicato alle emissioni annuali di CO2, la Cina è uno dei più grandi paesi sia a livello geografico sia a livello di emissioni di CO2 e gas serra.

Nel 2023 ha contribuito a più del 30% delle emissioni globali, e la tendenza è in crescita. Lo dimostrano anche le emissioni pro-capite che sono in aumento dal 2015, 7 tCO2/persona, arrivando a 8,4 tCO2/persona nel 2023: un aumento del 20% in meno di 10 anni.

Diverse previsioni sono state fatte su quello che sarà l’andamento delle emissioni della Cina, da un lato, il paese supera di gran lunga il resto del mondo nell'installazione di nuova capacità solare ed eolica, riducendo la crescita delle emissioni di gas serra.

Ma, dall'altro, è anche leader mondiale nell'accensione di nuove centrali elettriche a carbone, un e proprio paradosso ambientale, se così lo si vuole chiamare.

Nella foto: Zibo, Shandong, China

Anche riducendo le proprie emissioni la Cina continuerebbe verosimilmente ad essere il leader mondiale nelle emissioni di gas serra, situazione dovuta però anche dalla seconda popolazione più numerosa del pianeta.

Ma è anche certo il fatto che, qualora la Cina scegliesse di portare avanti la propria leadership climatica, certamente potrebbe sostituirsi agli USA ed al loro precedente impegno nel contrasto al riscaldamento climatico: diversi commentatori sostengono che le condizioni per questa successione nella leadership climatica potrebbero esserci, specie considerando gli enormi margini di miglioramento della Cina e considerando comunque l'impegno storico complessivamente non brillante da parte degli USA in campo climatico.

Che l'elezione di Trump possa essere fonte di una nuova spinta all'azione climatica da parte di altri Paesi? La risposta non è certamente semplice, il fatto però che da più fonti venga ventilata una possibile nuova posizione della Cina quale leader climatico fa certamente ben sperare.