L’Europa importa deforestazione (che siede alla nostra tavola)
Anche quando mangiamo stiamo spesso e inconsapevolmente contribuendo alla deforestazione globale, generando emissioni di gas serra "delocalizzate".
Un recente studio svedese realizzato presso l'Università di Chalmers indica infatti che circa il 30-40% della CO2 liberata in atmosfera attraverso la deforestazione è originata dalla produzione di beni destinati al commercio internazionale, prevalentemente in direzione di Europa e Stati Uniti.
Stiamo parlando di carne di manzo, di soia, di olio di palma, la cui produzione accelera la deforestazione in Paesi ad elevata copertura forestale come -per esempio- il Brasile e l'Indonesia: se queste relazioni causa-effetto erano già note, il sopraccitato studio quantifica il "ruolo" di queste filiere sulla deforestazione e sulle relative emissioni di gas serra.
Lo studio stima infatti che nel periodo 2010-2014 siano state annualmente emesse 2,6 miliardi di tonnellate di CO2 a causa della deforestazione, a sua volta associata all'espansione dei terreni agricoli, dei pascoli e delle piantagioni (tra cui il prosciugamento delle torbiere per finalità agricole): più della metà delle emissioni sopra indicate possono peraltro essere direttamente ricondotte alle attività di allevamento di bestiame e di produzione di semi oleosi (palma da olio).
Martin Persson, uno dei coautori dello studio, sostiene che: "In effetti potremmo direi che l'Europa ogni anno importa grandi quantità di deforestazione".
Secondo lo studio circa 1/6 della carbon footprint (impronta di carbonio) della dieta alimentare media in Europa è dovuta alle emissioni di gas serra da deforestazione: tanto che le "emissioni importate" dovute alla deforestazione sono comparabili con le emissioni agricole interne in diversi paesi dell'UE.
Martin Persson: "Se l'UE vuole davvero raggiungere i propri obiettivi climatici deve definire politiche ambientali più restrittive verso che esporta prodotti verso l'UE stessa".
Ma "quanto vale" la deforestazione?
Secondo l’ultimo report del Global Forest Watch e del World Resources Institute, nel solo 2018 sono andati persi 12 milioni di ettari di foreste tropicali, un'area pari a quella della Gran Bretagna.
Si tratta di un valore impressionante, il quarto peggior dato per estensione disboscata a partire dal 2001, il primo anno da cui i ricercatori hanno iniziato a utilizzare dati satellitari per monitoratre la deforestazione globale.
La maggior preoccupazione è rivolta allo stato delle foreste tropicali primarie (le foreste più vecchie) che nel 2018 sono state ridotte di 3,6 milioni di ettari, ovvero una superficie circa pari a quella del Belgio.
Il Brasile resta il Paese con la maggior quantità di foresta primaria persa (oltre 1,3 milioni di ettari), seguito dalla Repubblica Democratica del Congo (481 mila ettari) e dall’Indonesia (339 mila ettari).
Nel 2002 Brasile e Indonesia da sole rappresentavano il 71% delle foreste tropicali abbattute, mentre ad oggi raggiungono “solo” il 46% dal momento che purtroppo molti altri Paesi stanno aumentando i tassi di deforestazione: il Ghana, ad esempio, nel 2018 ha abbattuto il 60% di foreste tropicali in più rispetto al 2017, la Costa d’Avorio e Papua Nuova Guinea rispettivamente il 26% e il 22%.
Ricordiamo che le foreste assorbono circa il 30% delle emissioni di gas serra prodotte dall’uomo, pari a circa 11 miliardi di tonnellate annue: un loro impoverimento, oltre alla perdita di habitat naturali e di biodiversità, determina anche importanti emissioni di gas serra in atmosfera.
Lo Staff di Rete Clima