L’ultimo fallimento al pozzo della Bp: fuoriuscita diffusa di petrolio dal fondale
Da settimane si parla della presenza di falle sul fondale, mai confermate ufficialmente esattamente come capita dall'inizio della vicenda per un sacco di questioni e di dati ovvi e chiari.
Ma ora diventa sempre più difficile nascondere la realtà: ancora non si sa se la nuova falla provenga proprio dal nuovo cap, dalla base del pozzo, o sia la temutissima fuoriuscita dal fondale (come pure aveva anticipato Matthew Simmons).
Che questo ennesimo tentativo del cap fosse probabilmente un altro fallimento lo si sospettava. Ed il bluff della BP è stato ufficializzato domenica dall'ammiraglio Allen (il capo delle operazioni nel Golfo) attraverso questa lettera in cui per primo chiede conto dell'esistenza di una falla lontano dal pozzo.
La lettera ha rappresentato una vera e propria bomba, che ha costretto la compagnia, dopo alcune ore, a confessare l'esistenza della nuova perdita seppur con informazioni ancora confuse. In realtà, si presume che il governo sia da tempo perfettamente al corrente della seconda fuoriuscita, ma per motivi facilmente intuibili abbia preferito condividere il silenzio con la BP.
La compagnia aveva usato toni enfatici, comunicando a gran voce di "aver chiuso la falla" e riuscendo così a far risalire le quotazioni delle proprie azioni in Borsa: ma, alla luce delle ultime novità, neppure più il relief well e l'operazione di killeraggio vengo più menzionate.
L'imbarazzo della Bp è forte, tanto che non ha risposto alle richieste dei giornalisti commentare la lettera di Allen: ed era stato proprio Allen che, per evitare fuoriuscite più grosse e diffuse dal fondale ha dato l'ordine di riaprire la "choke valve" che chiudeva il pozzo.
Barack Obama parlerà di questo ennesimo fallimento della Bp con il primo ministro britannico David Cameron Obama a Washington, approfittando del summit del Major economies forum che, si dice il caso, discute di energia pulita: tutto ciò proprio mentre la multinazionale petrolifera britannica non riesce (o non vuole?) a fermare il più grande disastro ambientale della storia statunitense ed ha invischiato nel suo insuccesso anche Obama, trascinando in basso il suo gradimento.
Il Governo degli Stati Uniti finora ha fornito una certa complicità alla compagnia, sia perché si tratta del primo fornitore di petrolio negli USA, sia perché per Obama questo disastro ha rappresentato un'enorme perdita di consensi: ora però non può continuare solo a guardare mentre la BP distrugge il Golfo del Messico nel tentativo di salvare il suo pozzo. Perchè forse è proprio quello che stanno facendo, al di là dei tentativi tanto propagandati quanto fallimentari messi in campo finora.
Gli esperti sono unanimi nel dire che, con il pozzo Macondo è ormai ridotto a un colabrodo, l'unico sistema per fermare il rilascio è finire il relief well e tappare il pozzo per sempre da sotto, con una bella iniezione di cemento. Ma questo significa rinunciare ad un giacimento che è costato molti soldi e che prometteva piuttosto bene. Significa inoltre gettare la spugna, e mandare all'opinione pubblica il messaggio che “il petrolio deepwater è pericoloso e la Bp non è tecnologicamente in grado di gestirlo”.
La BP sta tergiversando da mesi, persino da parecchio tempo prima di quell’ormai famoso 20 aprile in cui la notizia del rilascio si è diffusa in tutto il mondo: lo dimostrano i traffici sia tecnici che finanziari che tanti sospetti hanno destato e che sono avvenuti settimane prima e – danno avvenuto- i continui tentativi (o pesudo-tentativi) di chiudere il pozzo con cap, relief well, annunci trionfali di chiusure.
l tutto nascondendo la reale portata del rilascio e cercando di influenzare Wall Street per far risalire le proprie azioni. E quindi ritorniamo alla nostra domanda: la Bp sta continuando solo a prendere tempo, preoccupandosi di tutto fuorchè di fermare la perdita?
Lo Staff di Rete Clima®