Il tubo della Bp e la bomba atomica degli USA
La Bp ha annunciato di essere riuscita ad "infilare" un tubo nel pozzo petrolifero offshore della Deepwater Horizon -esplosa e affondata il 20 aprile nel Golfo del Messico- riuscendo ad estrarre una parte della fuoriuscita di petrolio.
Le parole di Kent Wells (Vicepresidente della Bp): “Questo funziona come previsto e accresciamo molto lentamente il flusso proveniente dalla risalita equipaggiata per affiorante in superficie. D'ora in poi, avremo quindi del petrolio e del gas da caricare”, ma non sono state offerte cifre quantitative.
L’unica informazione oggettiva è che il tubo posizionato ha una dimensione di 4 pollici, mentre la condotta da cui avviene il rilascio è da 21 pollici: evidentemente non si tratta di un gran contributo, anche se dimostra la possibilità di intervenire.
tish Nagarajaiah (Professore di ingegneria civile e meccanica della Rice University di Houston): però precisa: “Questo è un buon passo in avanti, ma il sifone è probabile che non riesca a catturare più del 15-20% del petrolio”.
Wells ha anche detto che tubi simili e robot sottomarini potrebbero essere usati per iniettare fango nel pozzo per sigillare le fughe di petrolio e che questa operazione potrebbe essere portata a termine in un periodo di 7 - 10 giorni.
Ma intanto il disastro ambientale nel Golfo del Messico si sta rivelando ancora più grande di quanto si pensasse e il greggio ha raggiunto aree molto lontane. La prospettiva è –purtroppo- quella di arrivare alla corrente del Golfo, che parte proprio da quelle zone: in quel caso ci si deve aspettare una catastrofe mondiale, con il trasporto della marea nera (superficiale e profonda) verso l’oceano Atlantico e l’Europa.
Il Presidente Usa Obama: “Devo dire inoltre di non aver apprezzato quel che considero uno spettacolo ridicolo nel corso delle udienze al Congresso su questo tema. Si sono sentiti dirigenti di Bp, Transocean ed Halliburton accusarsi reciprocamente e puntare il dito per condannare qualcun altro”.
Il presidente Usa ha inviato in Louisiana un team di cinque scienziati nucleari per trovare soluzioni in grado di fermare la fuoriuscita. Della squadra farebbe parte anche l'ottantaduenne Richard Garwin, uno dei progettisti della prima bomba all'idrogeno: può essere un chiaro segnale del fatto che ci si sta preparando a tutto anche all'utilizzo di una bomba atomica per risolvere la tragedia petrolifera del Golfo del Messico con un esplosione nucleare sottomarina.
L'idea non è "originale", dal momento che i russi hanno suggerito questa strada confessando di aver utilizzato essi stessi questo metodo per sigillare pozzi petroliferi offshore che avevano avuto incidenti simili a quello Deepwater Horizon.
E’ anche vero che si trattava dei tempi dell'Unione Sovietica e dei deserti mari artici russi: utilizzare la bomba nel Golfo del Messico, vicino ai paradisi turistici caraibici e per mani di una democrazia costretta a rimediare ad un danno ambientale provocato da una multinazionale straniera, è probabile che non sarebbe ben accolto negli USA.
Danno sopra danno. Il risultato? Danno al quadrato.
Lo Staff di Rete Clima®