Mediterraneo: rischio di distruzione biologica per l’economia dell’estinzione
Paul Watson, co-fondatore di Greenpeace e oggi leader di Sea Shepard, durante la Global conference di Evian (evento dedicato allo sviluppo sostenibile e alla tutela dell'ambiente) ha lanciato un severo monito: ''Per salvare il Mediterraneo bisognerebbe bloccare la pesca per 20 anni. Nessuno dovrebbe pescare niente. Così lo stanno distruggendo'' .
E poi: ''Ci sono 23 Paesi che hanno le loro sponde sul Mediterraneo, quindi è un puzzle molto intricato perchè nessuno è pronto ad assumersi i propri impegni sulla tutela dell'ecosistema e delle specie. Ma il mare sta morendo. Bisognerebbe creare un'area tabù, come fanno i popoli indigeni di Tahiti. Lì tutti la rispettano, perchè c'è l'autorità degli sciamani a vigilare''.
Watson ha anche trattato la delicata questione del tonno rosso in estinzione, caso emblematico della cattiva gestione della pesca nel Mediterraneo: “I Paesi del nord Mediterraneo lo pescano dicendo 'se non lo facciamo noi lo faranno i tunisini'. I tunisini lo pescano dicendo 'se non lo facciamo noi lo faranno i libici'. E così via. Ma la verità è che c'è un interesse a far ridurre la specie a portarla vicino all'estinzione, per denaro''.
Si tratta di applicare le classiche logiche di mercato che vogliono prezzo alle stelle nel caso di incontro tra una domanda ed una offerta in costante decrescita, in un contesto ambientale che è però rischiosamente prossimo all’estinzione di specie chiave sia per gli equilibri biologici dell’ecosistema marino che per l’economia.
Watson a proposito di questo meccanismo che lui stesso definisce ‘economia dell’estinzione’: ''Oggi un pesce si vende minimo a 70 mila dollari, alcuni toccano anche i 300 mila. Meno pesci ci sono e più il prezzo sale, quindi se la popolazione è ridotta al minimo chi vende i tonni è seduto su una miniera d'oro. E' quella che si chiama 'economia dell'estinzione''.
Il problema è serio, e i meccanismi di mercato non riescono a risolvere nulla, anzi offrono vantaggi proprio in seguito all’accrescersi di disequilibri ambientali.
Servirebbe allora una precisa azione dei Governi, che però oggi appaiono incapaci di affrontare la situazione per mancanza di una vera volontà politica oltre che –come è facilmente immaginabile- per non doversi trovare a fronteggiare lobby economiche con interessi nel lasciar degenerare la situazione.
Watson: ''Come per gli oceani, dove abbiamo tutte le convenzioni necessarie alla tutela, ma nessun incentivo ad applicarle. L'unica soluzione è che le persone si diano da fare, e agiscano in prima persona per tutelare il mare. Alcuni li chiameranno pirati, ma non devono preoccuparsene, perché è l'unica strada per il cambiamento''.
Se solo si riuscisse a quantificare -ed a far pagare ai responsabili- i costi socio-ambientali legati al danneggiamento degli equilibri naturali!
Lo Staff di Rete Clima®