Una tassa sulla CO2
Collegandoci alla news della delocalizzazione emissiva operata dai Paesi industrializzati, si riporta la notizia che l’Unione Europea sta esaminando l’ipotesi di tassare le importazioni di merci in Europa in base alle emissioni di anidride carbonica (CO2) legate alla loro produzione.
La notizia di un possibile dazio ambientale europeo viene da un sito ambientale, che descrive come i leader europei che stanno cominciando a parlarne sono divisi circa questa tassa ambientale. Tra le varie voci spicca quella del Presidente francese Nicolas Sarkozy, che appoggia apertamente l’idea quale misura necessaria dopo il fallimento del vertice di Copenhagen.
Altre posizione sono invece più critiche, presentando la tassa potrebbe come uno strumento protezionistico, una misura assurda per i puristi del liberismo economico e del mercato globale.
Contrario anche il cancelliere austriaco Werner Faymann, il quale sostiene che la tassa “non sarebbe una buona tattica di negoziazione” per costringere Paesi come la Cina e l’India a prendere una posizione chiara sulle tematiche ambientali.
E vero che se le merci venissero sottoposte ad un ipotetico dazio ambientale all’ingresso nell’Unione Europea, i consumatori dovrebbero di certo pagarle di più: ma, letto da un diverso punto di vista, questo nuovo sistema di tassazione a sfondo ambientale potrebbe essere occasione per internalizzare i costi ambientali dentro i costi di produzione dei beni.
Oltre che potenziale opportunità per rendere meno conveniente la produzione in Paesi lontani, e favorire un ritorno delle produzioni in Europa e negli altri Paesi ex industrializzati.
La logica di questa proposta? Dare un prezzo all’inquinamento e lasciare che il mercato raggiunga un nuovo equilibrio contabilizzando i costi ambientali. Basterà?
PV