Golfo del Messico un anno dopo: disastro ambientale, sindrome sanitaria e autorizzazione per nuove trivellazioni
Il 20 aprile 2010 avveniva l’esplosione della piattaforma Bp Deepwater Horizon, posizionata a 80 chilometri al largo di New Orleans (nel Golfo del Messico).
Il successivo enorme disastro ambientale ha posto seri dubbi circa l’affidabilità delle procedure tecniche effettivamente attuate aziende petrolifere impegnate nelle trivellazioni, oltre che la vera volontà di intervenire per la reale mitigazione della catastrofe piuttosto che per nascondere all’opinione pubblica la reale portata del disastro (lo scellerato uso del Corexit è chiara indicazione a riguardo).
Oggi, dopo un anno dall’avvio della tragedia, dopo quasi 5 milioni di barili di greggio riversati nelle acque del Golfo, dopo gli incalcolabili danni alla fauna e agli ecosistemi marini (si parla oltre 7.000 uccelli uccisi e 5.000 cetacei, ma la reale portata dell’inquinamento del mare e dei fondali non sarà mai quantificabile), dopo gli enormi danni anche all’economia locale dell’area (basata in prevalenza sulla pesca e sul turismo), dopo i problemi di salute ai cittadini, Greenpeace ha pubblicato online i “documenti segreti” dell'incidente.
Sul sito web PolluterWatch, una sorta di Wikileaks dell'ambiente, sono presenti ''30.000 pagine di documenti riservati sinora inediti'' che mostrano le falle nei soccorsi, “i tentativi del governo americano e della Bp di ridimensionarne la portata'' e il lavoro di Bp per cercare "di manipolare le ricerche mentre era in corso l'emergenza nel Golfo del Messico''.
Spiega Greenpeace che l'obiettivo del database è rendere disponibile un'informazione trasparente e facilitare le richieste di indennizzo di decine di migliaia di cittadini danneggiati: il tutto mentre il Presidente americano, Barack Obama, si è impegnato a ''fare tutto il necessario'' per ripristinare le coste del Golfo del Messico.
Nel comunicato diramato in occasione dell’annversario del disastro, Obama dice che: “anche se abbiamo fatto dei progressi significativi, resta del lavoro da fare” chiarendo che “la Bp e le altre parti responsabili saranno chiamate a pagare i danni che hanno fatto e le dolorose perdite che hanno provocato”.
Dal canto suo il colosso petrolifero britannico ha per ora istituito un fondo di 20 miliardi di dollari per coprire le richieste di compensazione avanzate dalla popolazione locale che ora sembra essere alle prese con un problema sanitario non banale quale la “sindrome da Deepwater Horizon”: si tratta -infatti- di una sorta di sindrome patologica che sta coinvolgendo in maniera diffusa coloro che si sono occupati del disastro ambientale, oltre che chi è stato a stretto contatto con le spiagge e le acque inquinate dal petrolio e –forse ancor più grave- dai disperdenti.
La denuncia proviene da un medico della Luisiana – il Dott. Mike Robichaux- che ha trattato decine di pazienti nell’area del disastro e che in un servizio della CNN (peraltro ripreso anche dalla BBC e da una buona parte delle tv americane) descrive una serie di sintomi che configurano una vera e propria sindrome.
Dice il Dott. Robichaux,: “Ho a che fare con un vasto campione di persone e i sintomi sono praticamente identici in tutti loro. La caratteristica principale di questi pazienti è una severa perdita di memoria. Pressione molto alta, con picchi e discese repentine, e livelli di glucosio nel sangue che fluttuano. Infine, problemi polmonari e severi problemi gastrointestinali.
E non c'è stato neanche un articolo su questa questione. Si parla di pellicani e di gabbiani, di aragoste, di granchi, di gamberi e così via... nulla sull'impatto umano”.
Secondo il dottore non c'è alcun dubbio che questi problemi di salute siano causati dal contatto col petrolio e con i disperdenti, tra cui il maledetto Corexit utilizzato per nascondere il petrolio alla vista dell’opinione pubblica mondiale.
I nodi della somma di azioni scellerate stanno iniziando a venire al pettine: solo che qui non so tratterà solo di risarcimenti, quanto di un danno socio-ambientale di portata enorme e prolungato nel tempo.
Intanto nel Golfo del Messico le attività di esplorazione sono riprese a pieno regime: la Noble Energy sta già perforando a 70 miglia a sud-est al largo di Venice (Louisiana) in un pozzo a 1.980 metri di profondità, riprendendo –per prima- le proprie attività nel Golfo (peraltro iniziate nell’aprile del 2010 e poi sospese a causa del disastro provocato dalla BP).
E –paradossalmente- è proprio la BP sta dietro questa prima licenza rilasciata dal Boemre (Interior's Bureau of Ocean Energy Management, Regulation and Enforcement), dato che la Bp stessa possiede il 47% delle azioni del progetto di cui è titolare ufficiale la Noble Energy.
Qui l'elenco delle richieste e delle esplorazioni approvate.
Lo Staff di Rete Clima®