Il Pentagono ed il picco di petrolio

Dopo le parole circa il picco di petrolio (peak oil) del AD della Total, Thierry Desmarest, e lo storico articolo del Washington Post, ecco una nuova voce autorevole a proposito del picco.

 

Si tratta di un report del Pentagono (nello specifico il report è dell'American Joint Forces Command), che esamina il Peak Oil giungendo a conclusioni molto precise.

(pag. 24 del report): "......il petrolio dovrà continuare a soddisfare la gran parte della domanda di energia fino al 2030. Anche assumendo lo scenario più ottimistico di crescita della produzione attraverso nuove tecnologie di estrazione, lo sviluppo di oli non convenzionali e le nuove scoperte, la produzione petrolifera sarà drasticamente sotto pressione per raggiungere la futura domanda di 118 milioni di barili al giorno". 

 

Al 2030, la base di partenza dell’analisi dell’esercito americano, si prevede un aumento della domanda di energia del 50% rispetto agli attuali 86 milioni di barili giornalieri di petrolio, arrivando ad un fabbisogno di 118 milioni.

 

Ma per soddisfarlo la produzione dovrebbe crescere “dell’equivalente di un Arabia Saudita ogni 7 anni”: in termini pratici, da qui al 2030, il mondo dovrà trovare altri 1,4 miliardi di barili all'anno.

 

Un commento del Report: “Il ritmo di nuove scoperte degli scorsi due decenni (escluso forse il Brasile) lascia poco spazio all'ottimismo di chi pensa che in futuro si troveranno nuovi giacimenti".

 

Ma oltre al problema delle riserve, c’è quello, collegato, degli investimenti: nei prossimi anni peserà “una carenza di piattaforme di trivellazione e capacità di esplorazione e raffinazione. Anche se uno sforzo concertato iniziasse oggi ci vorrebbero almeno 10 anni prima che la produzione riprenda il passo con l’aumento della domanda.”

 

A pagina 29 il report prosegue con questa indicazione: "Per generare l'energia richiesta da qui al 2030, il mondo dovrà trovare altri 1,4 miliardi di barili all'anno per vent'anni. (...) Il ritmo di nuove scoperte seguito negli scorsi due decenni (escluso forse il Brasile) lascia poco spazio all'ottimismo di chi pensa che in futuro si troveranno nuovi giacimenti. Al presente, gli investimenti stanno appena aumentando, con il risultato che la produzione raggiungerà un prolungato plateau. (...) Nel 2012, la produzione in eccesso sparirà completamente, e nel 2015 mancherà un 10% di output per soddisfare la domanda".

 

Già nel 2015 mancheranno quindi 10 milioni di barili al giorno rispetto al fabbisogno mondiale, con pesanti conseguenze sulla crescita economica e sull’equilibrio geopolitico mondiale.

 

Le conseguenze? “Sicuramente ciò ridurrà le prospettive di crescita sia nel mondo sviluppato che nei paesi in via di sviluppo. Questo rallentamento economico esaspererà altre tensioni irrisolte, spingendo le nazioni più fragili verso il collasso e potrà avere effetti seri anche su Cina e India”.

 

Cosa significherà sul piano militare? “La presenza di ‘civili’ cinesi a guardia degli oleodotti in Sudan per proteggere i propri approvvigionamenti di petrolio fa immaginare un futuro in cui altri Stati interverranno in Africa per proteggere le risorse sempre più scarse. Enormi le implicazioni per futuri conflitti nel caso che la produzione non tenga il passo con la domanda e gli Stati debbano assicurarsi militarmente l’accesso a risorse scarse”.

Un organismo militare che si occupa di fare stime sulla disponbilità residua di petrolio.....più chiaro di così.

 

 

Lo Staff di Rete ClimaTM 

 

 

Per approfondimenti: http://www.ecoblog.it/post/1445/peak-oil-se-lo-dice-il-washington-post-e-un-po-piu-vero