Rendicontazione non finanziaria delle Aziende: comunicare le performance ambientali e sociali
Rendicontazione non finanziaria delle Aziende: cos'è?
Da anni si assiste ad una importante azione di rendicontazione non finanziaria di natura volontaria da parte di un elevato numero di Aziende nazionali ed internazionali, che annualmente accompagnano al bilancio di esercizio una serie di altre informazioni di natura non economico-finanziaria.
Si tratta, essenzialmente, di una rendicontazione circa le performance nel campo della sostenibilità ambientale e sociale, con una particolare attenzione verso il comportamento dell'Azienda verso i propri dipendenti e, più in generale, verso gli stakeholder aziendali.
Questo tipo di rendicontazione non finanziaria, oggi ancor più facilmente realizzabile mediante ricorso a linee guida specifiche e standardizzate che individuano schemi di rendicontazione, metodologie di contabilità e specifici KPI (Key Performance Indicators), permette di comunicare in maniera efficace gli aspetti non economici pur strettamente connessi con l’attività aziendale, coinvolgendo i propri stakeholder ad un livello più approfondito della vita dell’Azienda.
Rendicontazione non finanziaria delle Aziende: perchè?
Le tematiche ESG (la sigla anglosassone che esprime i tre ambiti di sostenibilità, quali Environment, Social and Governance) sono ormai da tempo al centro dell’attenzione del sistema economico e finanziario.
Le ragioni possono essere essenzialmente individuate in:
* trasparenza verso gli stakeholder, anche sui risvolti non economici collegati o comunque interessati dall’esercizio aziendale annuale;
* analisi e mappatura dell’impronta ambientale aziendale, per una sua successiva gestione in una logica di aumento della sostenibilità;
* “comunicazione CSR” (Corporate Social Responsibility), condividendo le azioni positive a livello sociale ed ambientale;
* maggior chiarezza verso i possibili investitori.
Anche al di là di logiche etiche, che pure dovrebbero essere alla base di questa azione di rendicontazione non economica, l’attuazione di una “rendicontazione Esg” permette un maggiore controllo dei rischi aziendali da parte degli investitori mentre, al contrario, una mancata rendicontazione delle performance di sostenibilità rischia invece di far perdere investimenti all’azienda: ad oggi si conta che circa il 60% degli asset gestiti da fondi europei incorpora strategie sostenibili, mentre a livello globale circa 60.000 miliardi di dollari sono gestiti secondo i principi dell’investimento sostenibile (Fonte: Sole24Ore - "A Piazza Affari arriva il report 'green'" di Vitaliano d'Angerio, 9/02/2017).
Ineressante, a nostro giudizio, la sintesi di Raffaele Jerusalmi (AD Borsa Italiana), segnalata dall'articolo sopra indicato: “Gli indicatori Esg servono a misurare i rischi e la sostenibilità del Business”.
Rendicontazione non finanziaria delle Aziende e Direttiva UE 95/2014: dal 2017 nuovi obblighi per le Aziende italiane
Lo scorso 25 gennaio 2017 è entrato in vigore in Italia il D.Lgs. 254/16 (“Attuazione della direttiva 2014/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2014, recante modifica alla direttiva 2013/34/UE per quanto riguarda la comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità da parte di talune imprese e di taluni gruppi di grandi dimensioni”).
(download a seguito)
Il decreto, che recepisce le indicazioni della sopraccitata Direttiva, riguarda Aziende di grandi dimensioni caratterizzate da:
* un numero di dipendenti superiore a 500 unità,
* (alla data di chiusura del bilancio) uno stato patrimoniale oltre i 20.000.000 di euro o, in alternativa, il totale dei ricavi netti delle vendite e delle prestazioni pari o superiore a 40.000.000 di euro.
Ai sensi dell’art. 3 del Decreto (“Dichiarazione individuale di carattere non finanziario”) tale "dichiarazione individuale di carattere non finanziario" deve essere di approfondimento sufficiente per permettere una chiara comprensione dell’attività di Azienda, del suo andamento, dei suoi risultati e dell’impatto che lei stessa ha determinato.
Le aree di rendicontazione non finanziaria riguardano gli aspetti ambientale, sociale, il personale, il rispetto dei diritti umani, la lotta contro la corruzione (attiva e passiva), e devono descrivere almeno:
a) il modello aziendale di gestione ed organizzazione delle attività dell’impresa (compreso il Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo espresso dal D.Lgs. 231/01);
b) politiche e risultati aziendali;
c) principali rischi (generati o subiti) nell’ambito delle attività aziendali, con riferimento ai prodotti, ai servizi e ai rapporti commerciali (incluse le catene di fornitura e di subappalto).
Le informazioni non finziarie devono essere estese almeno a:
* l’utilizzo di risorse energetiche (rinnovabili e non rinnovabili) e risorse idriche;
* emissioni di gas ad effetto serra ed altre emissioni inquinanti in atmosfera;
* l’impatto delle politiche aziendali a breve e medio termine verso ambiente, salute e sicurezza;
* aspetti sociali e attinenti alla gestione del personale;
* rispetto dei diritti umani;
* modalità di lotta contro la corruzione (sia attiva che passiva).
La rendicontazione di tali aspetti non finanziari può essere presentata in due forme diverse:
- o può essere contenuta nella relazione sulla gestione (nell’ambito di una specifica sezione);
- oppure può costituire una relazione distinta ma coerente con il D.lgs 254/2016.
Il decreto lascia libertà alle Aziende di scegliere lo standard di rendicontazione, individuando le metodologie di calcolo ed i KPI più significativi e meglio descrittivi delle attività dell’Azienda rispetto agli specifici temi di rendicontazione.
Gli item sopra indicati possono essere non rendicontati se non effettivamente promossi in azienda e, parimenti, l’Azienda può omettere di rendicontare alcune informazioni qualora particolarmente sensibili rispetto al proprio business: il Decreto peraltro non prevede l’obbligo di certificazione di terza parte delle dichiarazioni delle Aziende, ma prevede solo la verifica da parte dei revisori contabili in merito all’effettiva predisposizione da parte degli Amministratori di tale dichiarazione.
Il decreto specifica anche le aree di competenza della Consob, che può richiedere eventuali integrazioni informative alle aziende che hanno rilasciato dichiarazioni non conformi o comunque incomplete, ma anche avviare eventuali provvedimenti sanzionatori nel caso in cui le sopraccitate aziende non ottemperino all’obbligo di rendicontazione (o nel caso in cui rilascino dichiarazioni false).
Anche le Aziende non sottoposte all’obbligo possono comunque presentare volontariamente una dichiarazione semplificata di carattere non finanziario, analizzando i contenuti specificati nel sopraccitato art.3 del Decreto.
Rendicontazione non finanziaria delle Aziende: i passi avanti introdotti dal Decreto
L’obbligo di rendicontazione non finanziaria, storicamente lasciata all’attività volontaria delle aziende, può essere letto come un positivo passo avanti nella direzione di aumentare la trasparenza del sistema produttivo nazionale (ed europeo), favorendo l’integrazione degli aspetti Esg dentro la strategia di business aziendale e cercando di superare un approccio non continuo ed organico nel tempo che ha spesso ha caratterizzato la modalità di rendicontazione delle aziende.
Ci piace quindi leggere il decreto come un passo in una direzione di chiarezza e trasparenza, come una indiretta incentivazione di azioni di Esg sempre più ampie, strutturate, coerenti ed integrate con il core business aziendale, attribuendo un sostanziale valore di tali performance Esg anche in una chiave di competitività e di mercato.
(Angela Tanno, Ufficio Responsabilità Sociale d’Impresa ABI, gennaio 2015)
Rendicontazione non finanziaria delle Aziende: quantificare e gestire l’impronta ambientale
Concentrando l’attenzione sulla rendicontazione delle performance ambientali aziendali, ci piace sottolineare il fatto che questo approccio è oggi quanto mai sensato dal momento che, così facendo, le aziende possono di fatto monitorare le proprie prestazioni –e quindi- i costi e le diseconomie connesse con il proprio operato: in questo modo, quantificando ed allocando la propria impronta ambientale alle proprie varie aree di attività economica, le Aziende possono rendersi anche responsabili dell’attuazione di strategie d’impresa via via più sostenibili, capaci non solo di diminuirne l'impronta ambientale ma anche –in prospettiva- anche di aumentare la resilienza delle Aziende stesse verso i rischi ambientali e climatici.
Approfondire la struttura e la dimensione dell’impronta ambientale delle Organizzazioni significa misurare e conoscere, condizione necessaria per poter agire anche rispetto all'attualissimo tema della "decarbonizzazione": considerando infatti che spesso l’impronta di carbonio è l’ambito più significativo dell’impronta ambientale complessiva di una Azienda, la mappatura di tale impronta permette di poter successivamente operare in una logica di carbon management, in direzione di una riduzione e compensazione delle emissioni di gas serra (direttamente prodotte dall'azienda o magari anche "di filiera"):
Questo decreto di fatto si innesta anche dentro l'attualissima esigenza di misurare e gestire la CO2 di Aziende, prodotti e servizi , una tematica ambientale oggi più che mai concreta e rilevante in quanto collegata alla problematica globale del cambiamento climatico, considerando proprio che i rischi climatici sembrano oggi "prevalere" in termini di importanza rispetto agli altri (seppur non banali) rischi ambientali.
Proprio a questo proposito il 12° Global Risks Report 2017 del World Economic Forum attribuisce infatti al cambiamento climatico un livello di rischio elevatissimo: secondo il report, infatti, nel 2017 quattro delle cinque minacce globali ritenute più significative sono di tipo ambientale e collegate al cambiamento climatico.
In questo senso il Decreto va nella giusta direzione anche rispetto agli orientamenti delle più recenti COP (Conferenze delle Parti), nelle quali il ruolo delle Aziende è stato correttamente identificato come importante e comunque imprescindibile rispetto alla possibilità di raggiungimento degli obiettivi climatici contenuti nei nuovi Accordi internazionali rivolti alla mitigazione climatica.
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