Negazionismo climatico made in USA: quando la politica rallenta la necessaria azione di contrasto al cambiamento climatico
Negli USA ancora ci si chiede se il cambiamento climatico esiste e se l’uomo ne è la causa.
Questo nonostante gli effetti dei cambiamenti climatici siano sotto gli occhi di tutti e su tutti i giornali, con una frequenza crescente (a differenza di quanto capita a casa nostra, dove i mass media sono spesso invece coinvolti in una cattiva informazione, per non dire peggio), e nonostante i climatologi siano concordi nel confermarne l’esistenza attribuendone la causa prima all’azione dell’uomo.
Sebbene il clima gate sia stato sbugiardato, questa vicenda ha dato forza ai negazionisti USA, complice anche un rilevante appoggio di una certa area della politica americana.
Stiamo parlando -in particolare- del Tea Party, l’ala radicale della destra conservatrice, il cui rapido aumento di importanza che ha ulteriormente estremizzato la sua azione negazionista.
Secondo un recente sondaggio meno del 49% dei Repubblicani e solo il 41% di coloro che si identificano come membri del Tea Party, crede che la Terra si stia riscaldando (tra i democratici sono l’81%): in questo campione di repubblicani, solo il 18% ritiene che la causa del cambiamento climatico sia antropica
Secondo il governatore del Texas Rick Perry, uomo importante nel partito Repubblicano (e favorito quale prossimo candidato repubblicano alla Casa Bianca nelle prossime elezioni politiche nazionali USA), la scienza sta quotidianamente continuando a mettere in dubbio che sia davvero l’azione dell’uomo a causare il riscaldamento globale (l'esatto contrario di quanto dicono i climatologi) mentre ci nasconde il fatto che da sempre il clima cambia costantemente per cause naturali.
Nell’ambito della settima conferenza annuale della Clinton Global Initiative, l’ex presidente Clinton ha sottolineato che: “Come americani la cosa migliore che si può fare è rendere politicamente inaccettabile il contributo delle persone al negazionismo sui cambiamenti climatici. Gli americani possono spingere verso il cambiamento rifiutandosi di dare il proprio voto agli scettici del climate change”.
Dall’altra parte, però, sempre negli USA esistono soggetti impegnati nella spiegazione della scienza del clima, pagando anche con l’arresto la loro attività di difesa dell’ambiente.
Stiamo parlando, non a caso, di James Hansen (Direttore del Nasa Goddard Institute di New York), che recentemente ha detto: “Quando sono diventato nonno i miei nipoti mi hanno in qualche modo portato a cercare di spiegare cosa stava succedendo, perché diventava sempre più chiara l’esistenza di un gap tra quello che era scientificamente evidente e la politica che non faceva nulla in proposito, nonostante ci fosse una gran quantità di scienziati che diceva che qualcosa andava fatto”. (…) “Non abbiamo leader impegnati a spiegare all’opinione pubblica come stanno le cose” .
E poi: “Chi fa soldi con le fonti fossili non consentirà mai al pubblico di capire. Non puoi accendere la televisione senza vedere pubblicità che parlano di estrazione pulita di sabbie bituminose e di tutti i posti di lavoro che queste attività dovrebbero creare. Quando la verità è che si creerebbe più lavoro e di migliore qualità sviluppando le energie pulite”.
La soluzione secondo Hansen? Dare un prezzo alle emissioni di CO2, da far pagare su chi emette gas serra per rendendo così intrinsecamente non conveniente –su una pura base di logiche di mercato- i combustibili fossili ad alto tenore di carbonio.
E rendendo di conseguenza più competitive le altre fonti energetiche, rinnovabili e a basso impatto.
Lo Staff di Rete Clima®