Promozione delle fonti rinnovabili: il successo del Portogallo (al 45% di produzione elettrica rinnovabile)
Il Portogallo in cinque anni è riuscito a portare la sua produzione elettrica da fonti rinnovabili dal 17% al 45%, puntando su idroelettrico ed eolico (che è cresciuto del 700%), su fotovoltaico ed energia del mare.
La IEA (International Energy Agency) ha precisato che nello stesso periodo la bolletta energetica è cresciuta di quasi il 16%, sicuramente anche a causa di questo ambizioso programma per le rinnovabili: ma i costi iniziali, legati anche agli incentivi statali, verranno lentamente assorbiti dal sistema e si potrà raggiungere un livello di prezzi costanti già nei prossimi anni, e ad una decrescita nella prossima decade.
In un articolo sul Guardian si sottolinea come nel Regno Unito l’aumento delle bollette elettriche delle famiglie in questi ultimi 5 anni sia stato molto vicino a quello del paese iberico, pari a circa il 14%, ma senza ottenere i risultati in termini di sviluppo delle energie pulite (che –anzi- in Inghilterra si attestano ad un misero 3% della produzione elettrica totale).
La condizione alla base di questo sviluppo energetico verde è stata la crescita nella qualità delle reti di trasmissione elettrica: queste prima appartenevano alle società elettriche private, le quali non avevano alcun interesse ad investire in fonti rinnovabili dal momento che tali investimenti avrebbero comportato un notevole impegno economico (proprio nell’adattamento delle infrastrutture di trasmissione).
Il governo portoghese è riuscito a superare questo limite acquistando le rete di trasmissione nazionale ed adattandola ad una generazione elettrica più distribuita e intermittente, tipica delle fonti rinnovabili: la rete è stata pian piano resa più flessibile, migliorando le connessioni nelle aree più remote del paese e trasformandola quindi –di fatto- in una sorta di smart grid nazionale.
Dal punto di vista del delicato tema della “sicurezza degli approvvigionamenti”, anni fa le importazioni di combustibili fossili del Portogallo rappresentavano quasi la metà del deficit della bilancia dei pagamenti: ora il Governo può invece permettersi di affermare che entro il 2014 (termine di realizzazione di alcuni grandi impianti a fonti rinnovabili) si potranno chiudere due centrali elettriche tradizionali e ridurre l’operatività di altri impianti alimentati a fonti fossili.
Ad agosto il New York Times riprendeva l’esperienza di successo del Portogallo, confrontandola con quanto si sta tentando di fare negli Usa, e spiegava come la scommessa del governo sia stata finora vinta anche contro ogni aspettativa della comunità internazionale.
Parallelamente con questo sviluppo delle installazioni sta crescendo l’industria nazionale: EDP Renováveis, giusto per fare un esempio, è diventato il terzo più grande operatore per la vendita di energia elettrica eolica a livello mondiale, tanto da siglare accordi importanti anche in diverse zone degli USA.
Ora l’obiettivo per il 2020 del Portogallo è di arrivare al 60% di energia elettrica da rinnovabili.
Il ministro dell’economia e dell’innovazione portoghese, Manuel Pihno, in una intervista al Guardian nel 2008 rispondeva così a chi gli contestava che il nucleare veniva trascurato dal programma di investimento rinnovabile in atto in Portogallo: “Quando si ha un programma così non c’è bisogno del nucleare. Il vento e l’acqua sono la nostra energia nucleare. Il costo relativo delle rinnovabili in questo momento è molto più basso, ed è dunque lì che vanno messi gli incentivi”. (….) “Con il cambiamento climatico e l’aumento del costo del petrolio le rinnovabili diverranno sempre più importanti, i paesi che non vi investono pagheranno un caro prezzo nel futuro”.
Queste parole suonano come un triste presago per un Paese come il nostro, che non è capace di investire in un futuro verde anche a causa dell’azione delle lobbies dell’energia: pagheremo cara questa inerzia attuale, noi e le prossime generazioni.
Un’altra occasione persa.
Lo Staff di Rete Clima®