Riscaldamento climatico: non esiste un vaccino, serve ripensare alla relazione Uomo-Pianeta
Le prima stime indicano che le emissioni di CO2 e di gas serra nel 2020 caleranno intorno al 5% rispetto ai valori del 2019, in relazione alle conseguenze economiche e sociali generate dal COVID-19.
Parliamo di aziende chiuse, trasporti limitatissimi (o praticamente azzerati, come capita per il trasporto aereo), quasi la metà della popolazione mondiale in lockdown, una situazione quindi assolutamente anomala per il nostro sistema economico globalizzato ed industrializzato, un caso unico nella storia moderna.
Secondo l'Ente inglese Carbon Brief lo sconvolgimento economico collegato al COVID-19 porterà nel 2020 ad una riduzione delle emissioni di CO2 e gas serra del - 5,5% (su base annua, rispetto alle emissioni di gas serra nel 2019), grazie alla dimimuzione di oltre 2 miliardi di tonnellate di gas climalteranti.
Nel grafico di Carbon Brief qui riportato, le cinque maggiori riduzioni nelle emissioni storiche globali di CO2 mai registrate sono mostrate in barre blu (espresse in milioni di tonnellate di CO2). Le barre grigie mostrano fino a che punto le emissioni calerebbero nel 2020 con una riduzione dell'1%, 3% o 5% rispetto ai livelli del 2019. Le barre rosse mostrano invece gli impatti stimati in relazione alla crisi da COVID-19 nel 2020 sul settore petrolifero globale, sul mercato del carbonio dell'UE, sulla Cina, sugli Stati Uniti e sull'India. Laddove possibile, vengono visualizzate le stime relative alle previsioni pre-crisi, le stime geografiche escludono il petrolio.
Di parere similare una ricerca condotta dalla Società di consulenza Sia Partners di Parigi rispetto all'Europa, che individua un calo annuo europeo per il 2020 pari a circa il 5% (ed un calo emissivo nei giorni di lockdown del - 58% di CO2 rispetto alla condizione ordinaria).
Si tratta di valori di riduzione sicuramente importanti ma che comunque -nonostante tutto- sono ancora insufficienti rispetto agli obiettivi climatici definiti alla Cop 21 di Parigi, per raggiungere i quali dovremmo invece ridurre le emissioni climalteranti del -7,6% ogni anno (nel periodo 2020-2030, gli anni cruciali per evitare una crisi climatica senza ritorno), pari a circa - 2,8 miliardi tCO2 al 2020.
Questa indicazione è contenuta nel report "Emissions Gap Report 2019" rilasciato a fine 2019 dall'UNEP (United Nation Environmental Programme), in download a seguito, che definisce appunto il -7,6% dei gas serra come riduzione emissiva annuale necessaria per centrare l'obiettivo di contenimento del riscaldamento climatico globale a +1,5 °C (rispetto all'era pre industriale):
Una riduzione emissiva che, si badi bene, non è motivata da eventuali istanze ambientaliste o moralistiche, quanto invece da obiettivi di permanenza di buona parte del Pianeta in condizioni idonee per la vita ed il benessere dell'uomo.
Secondo Carbon Brief: "La concentrazione di CO2 nell’atmosfera e la temperatura media globale continueranno ad aumentare finché le emissioni annuali nette non verranno azzerate. Qualsiasi riduzione si otterrà nel 2020 per il coronavirus avrà un impatto soltanto relativo".
E' chiaro allora che, se per il Coronavirus COVID-19 arriverà un vaccino che risolverà gran parte del problema, per il riscaldamento climatico questo non succederà, non sarà così "facile": servirà invece ripensare profondamente ai sistemi di produzione e di consumo, promuovendo una serie di nuove azioni a vari livelli che, fino a prima del virus e della consapevolezza nata da questa pandemia, potevano probabilmente apparire totalmente irrealizzabili.
Esprime bene la situazione il Professor François Gemenne dell’Università di Liegi, membro dell’Ipcc: "Il riscaldamento globale non è una crisi: è una trasformazione irreversibile. Non ci sarà alcun ritorno alla normalità. Non esiste un vaccino contro i cambiamenti climatici. Ci vorranno misure strutturali, che impongono una reale trasformazione della società e dell’economia".
Il rischio è invece che si prenda la strada opposta e che "...a lungo termine, questa crisi sarà un disastro per il clima".
Infatti, sempre secondo Gemenne: "Quindi, una volta terminata la crisi, i governi dovranno iniettare miliardi di euro, dollari e yuan per rilanciare l'economia. Avranno un enorme strumento di pianificazione economica, senza precedenti nella storia recente. Ma invece di un "New Deal verde", molti preferiranno offrire un'ancora di salvezza all'industria fossile. Il Canada ha già annunciato un piano di risanamento per la sua industria petrolifera e del gas. La Cina sta già considerando la costruzione di centinaia di nuove centrali elettriche a carbone per rilanciare la macchina industriale. (...). Poiché il prezzo di un barile di petrolio è al minimo, i piani di ripresa economica potrebbero essere l'occasione per emergere finalmente un'economia post-carbonio. Invece, possiamo fare esattamente il contrario e tornare indietro di diversi anni".
Come fare invece per riorientare l'economia verso soluzioni più green, compatibili con l'ambiente?
Faremo qualche riflessione nel nostro prossimo articolo.
Lo Staff di Rete Clima