Scienziati che per denaro negano rischi ambientali e sanitari
La notizia (che risale ai giorni della COP 21 di Parigi) è interessante: alcuni scienziati appartenenti ad Università blasonate (quali le statunitensi Penn State e Princeton University) hanno dimostrato disponibilità a produrre -dietro pagamento- studi artefatti volti a negare la pericolosità ambientale e sanitaria delle fonti energetiche fossili.
Non è una novità, da tempo l'opinione pubblica sa che storicamente molti presunti "enti di ricerca" o singoli scienziati si sono prestati per denaro a negare i rischi delle energie fossili e l'evidenza del cambiamento climatico, così come è stato altrettanto acclarato che diverse Aziende del mondo petrolifero da anni finanziano una controinformazione, volta o togliere consenso e rallentare le politiche di riduzione dell'uso delle energie fossili e di contrasto al cambiamento climatico, realizzate dentro lo storico alveo del Protocollo di Kyoto.
Anche recentemente Greenpeace aveva rilasciato un report che portava prove concrete circa la storica consapevolezza da parte delle major del petrolio in merito all'esistenza del climate change -ed insieme- le loro azioni negazioniste.
Ma questa volta cosa è successo?
Greenpeace UK ha realizzato una inchiesta giornalistica, dentro la quale alcuni suoi attivisti hanno finto di lavorare per Aziende del mondo delle energie fossili (quali una Azienda petrolifera mediorientale e una Azienda del mondo del carbone in Indonesia): sono quindi stati contattati due scienziati (quali Frank Clemente, professore e sociologo della Penn State University e William Happer, professore negazionista a Princeton) già da tempo noti per il loro deciso e costante favore verso le fonti fossili ambientalmente costose proponendo loro di realizzare, dietro compenso economico, delle "pubblicazioni scientifiche" che avessero esiti contrari ad altre ricerche -ufficiali e realmente scientifiche!- riguardo i danni prodotti dalle energie fossili.
Le risposte a queste esplicite richieste anti-scientifiche, realizzate in forma scritta quindi totalmente verificabili (si vedano gli allegati in fondo a questo articolo), sono stati positive da parte di entrambi gli scienziati: il Prof. Clemente della Penn State ha mostrato infatti disponibilità a realizzare per 15.000 $ un finto report “che contraddicesse le ricerche che legano il carbone a morti premature (in particolare il dato dell'Organizzazione mondiale della sanità secondo cui 3,7 milioni di persone all'anno muoiono per l'inquinamento da fossili)”, la medesima disponibilità dimostrata dal Prof. Happer della Princeton University ad assecondare le richieste del presunto committente che chiedeva un articolo riguardo la prossima COP 21 di Parigi, presentata come un potenziale rischio per il settore delle energie fossili.
Come per una sorta di legge del contrappasso, questa intelligente indagine giornalistica di Greenpeace UK sembra essere la giusta risposta al finto scandalo (creato ad arte) del Climategate, che nel 2009 aveva cercato di delegittimare la scienza del clima -purtroppo riuscendoci, in una fase iniziale- sulla base di una diabolica campagna di controinformazione.
Questa campagna, lanciata proprio durante lo svolgimento di COP 15 di Copenhagen, era stata fondata sull'artefatta, pretestuosa ed erronea interpretazione di alcuni passaggi di una serie di email trafugate con un atto di hakeraggio ad Enti di ricerca ed accademici collegati all'Ipcc (Intergovernamental Panel on Climate Change, l'Organismo delle Nazioni Unite chiamato a supervisionare la produzione scientifica globale circa il climate change), offrendo agli occhi dell'opinione pubblica globale l'erronea immagine della scienza del clima come falsa ed imbrogliona (situazione peraltro poi dimostrata totalmente falsa da una serie di inchieste scientifiche successive).
E mostra ulteriormente come il negazionismo scientifico esista e sia esistito, non perchè fondato scientificamente ma solo per una questione di denaro: un negazionismo che ha storicamente comportato dirette o indirette conseguenze rilevanti anche nell'ambito delle politiche di contrasto al climate change, spesso delegittimate e private di forza proprio da questa "junk-science" ("scienza spazzatura").
L'unico rimedio è una corretta e continua informazione ambientale, basata su solide basi scientifiche.
Lo Staff di Rete Clima®