Scioglimento dei ghiacci artici e modifica del clima europeo: azioni e retroazioni originate dal cambiamento climatico
E' ormai assodato che lo scioglimento dei ghiacci artici in questa estate 2012 sia stato il più rilevate a memoria d'uomo, peggiorando il record negativo registrato nel 2007. Già da questa estate il National Snow and Ice Data Center (NSIDC) ha lanciato l'allarme, ulteriormente aggravatosi in tempi più recenti: i dati satellitari mostrano infatti una riduzione dell'estensione dei ghiacci artici al di sotto dei 4 milioni di chilometri quadrati, con una perdita di ghiaccio spaventosa anche rispetto al recente passato.
Le osservazioni satellitari storiche ci indicano infatti che l'estensione dei ghiacci marini nei mesi autunnali (dopo la fusione estiva) è diminuita del 27,3% tra il 1979 e il 2010: negli anni '70-80 l'estensione dei ghiacci artici variava tra i 7 ed i 9 milioni di km², con un successivo decremento fino a a 6-7 milioni di km² negli anni '90.
Nel suo anno peggiore (2007, a settembre) il ghiaccio marino ha coperto 4.13 milioni di chilometri quadrati, in calo di 1,19 milioni di chilometri quadrati rispetto al precedente record negativo del settembre 2005: il dato odierno è quindi oltremodo preoccupante, e probabilmente dovuto all'anomalia termica della Siberia e dell'Alaska, dove in agosto e settembre la temperatura è stata di circa + 7 °C oltre il valor medio stagionale. Un fenomeno che ha anch'esso dell'incredibile.
Tornano allora alla mente le parole estive di James Hansen: "Il futuro è ora, ed è caldo", a significare che le previsioni di riscaldamento ipotizzate per un prossimo futuro sono invece la realtà di oggi, dal momento che cambiamento climatico sta accelerando significativamente, insieme alle sue conseguenze ambientali.
Ancora Hansen: "Negli studi condotti mi ero sbagliato. La situazione è ben più grave di quanto avessi affermato. Ritenevo, insieme ad altri, che il problema fosse proiettato più nel futuro, ma invece tutto sta accelerando incredibilmente".
Lo scioglimento dei ghiacci porta a diverse conseguenze sul clima globale essenzialmente in ragione della variazione dell'albedo, che comporta un maggiore riscaldamento delle masse d'acqua marine con un effetto retroattivo sulla quantità di vapor d'acqua immesso in atmosfera oltre che sulla circolazione delle masse d'aria alle alte latitudini (sempre che non ci si trovi nell'antartide, dove lo scioglimento dei ghiacci determina anche significativi rilasci di metano, importante gas ad effetto serra).
Anche i ghiacci in Groenlandia hanno subito pesanti ripercussioni estive, tanto che già da luglio i comunicati della NASA sulla situazione dei ghiacciai hanno scatenato una forte preoccupazione internazionale: si conti che il ruolo dei ghiacci della gronldandia nelle dinamiche globali non è banale, dato che 1/5 dell'innalzamento globale annuo del livello del mare (pari a 3 mm) è dovuto alla fusione del ghiaccio groenlandese.
Bene, un recente studio internazionale segnala il fatto che la calotta glaciale della Groenlandia potrebbe essere ancora più vulnerabile al cambiamento climatico di quanto si pensasse.
Le conseguenze?
Lo scioglimento dei ghiacci artici potrebbe influenzare profondamente il clima del Nord America e dell’Europa in un futuro abbastanza prossimo: il maggior riscaldamento dell'oceano a causa della minor estensione estiva dei ghiacci al Polo Nord determinerà infatti la cessione all’atmosfera di maggiori quantità di calore e di umidità durante l’autunno, implicando piogge autunnali più frequenti e abbondanti sulle vicine regioni del Nord America e dell'Europa.
In parallelo, la minor estensione della calotta artica avrà conseguenze dirette sulla circolazione atmosferica delle alte latitudini, determinando una "estremizzazione" del clima rispetto alla situazione odierna.
A causa del riscaldamento dell’Oceano Artico si ridurrebbe -intatti- anche la differenza di temperatura fra le alte e le medie latitudini, una situazione idonea ad indebolire il circuito delle correnti occidentali che scorrono dal Canada verso l’Europa e più ancora verso est (in direzione del Giappone): l’indebolimento di queste correnti, il "normale" ed attuale spartiacque fra l’aria gelida delle latitudini polari e quella più mite delle zone temperate, spalancherà la discesa di masse d’aria gelida dal Polo verso le basse latitudini (o alla risalita di aree di alta pressione da latitudini sub-tropicali fino ai margini del Circolo Polare), con un significativo incremento dei fenomeni nevosi estremi e di anomali periodi di freddo.
Effettivamente, nonostante l’aumento delle temperature globali nell’ultimo decennio si sono verificati in gran parte dell’emisfero settentrionale inverni con temperature estreme e fenomeni intensi: negli inverni dal 2009 fino al 2011, per esempio, la costa orientale degli Stati Uniti è stata investita da tempeste di neve insolitamente intense, negli ultimi inverni intere aree del Giappone hanno registrato livelli record di neve, mentre in Europa abbiamo registrato inverni miti ma con picchi di temperature particolarmente basse
Due studi confermano queste osservazioni, ipotizzando le prossime probabili evoluzioni del clima Europeo e Nordamericano.
Secondo lo studio "Evidence linking Arctic amplification to extreme weather in mid-latitudes", il tempo in Europa e Nord America rischia di divenire meno variabile e più “persistente”, alternando lunghi e duri periodi di siccità (con temperature insolitamente alte, determinate da grandi anticicloni) a periodi eccezionalmente freddi ed umidi determinati dalla violenta irruzione di masse di aria gelida.
Anche un altro studio ("Impact of declining Arctic sea ice on winter snowfall") suggerisce una probabile evoluzione climatica che porterà al susseguirsi di inverni sempre più rigidi nell’emisfero nord, determinati dalla formazione di "imbuti" di aria fredda diretti verso l’equatore.
Jiping Liu (Georgia Institute of Technology di Atlanta), coautore dello studio: “Quando abbiamo una drastica riduzione del ghiaccio marino, va a finire che c’è più neve”.
Analizzando la serie storica, effettivamente gli anni caratterizzati da minori estensioni di ghiaccio marino a fine estate (2005 e 2007) sono stati caratterizzati da intensi fenomeni nevosi invernali in molte parti dell’emisfero settentrionale: le simulazioni computerizzate operate dal team di Jiping Liu confermano "un legame tra copertura di ghiaccio marino e la copertura nevosa”, suggerendo che la perdita di 1 milione di chilometri quadrati di ghiaccio può aumentare le nevicate di una percentuale compresa tra il 3% e il 12% in alcuni luoghi del mondo, specialmente le regioni degli Stati Uniti, Europa e Cina (mentre in Canada Orientale e Groenlandia il sopracciato indebolimento delle correnti occidentali sarebbe destinato a favorire la frequente intrusione di aria di origine atlantica a temperatura più mite, con inverni più dolci).
Chissà che in occasione delle prossime nevicate invernali alle nostre latitudini (in probabile aumento!) qualche "genio" non voglia parlare di "raffreddamento climatico" o della "bufala del riscaldamento climatico".
Una serie di assurdità tali che meritano davvero un premio!
Prima di chiuderem di seguito segnaliamo un simpativo video in cui una finta metereologa commenta in diretta televisiva le evoluzioni climatiche che hanno caratterizzato questa pazza estate 2012, frutto del riscaldamento climatico in atto:
Se il video è poco più di uno scherzo, purtroppo la tematica non è tale da scherzarci su.
Lo Staff di Rete Clima®