Sussidi economici alle fonti fossili: troppo elevati e non coerenti con gli scenari economici futuri (collegati anche al climate change)
Parlando all'inzio di febbraio a Vienna alla conferenza annuale dell'EWEA (European Wind Energy Association), Faith Birol (chief economist dell'International Energy Agency) ha testualmente affermato che gli incentivi alle fonti energetiche fossili sono "il primo nemico" dell'energia rinnovabile.
Facendo riferimento ai dai IEA del 2011, che raccontano di un incentivo annuale alle fonti non rinnovabili di 523 miliardi di dollari di denaro pubblico (a fronte degli 88 erogati alle rinnovabili nel medesimo anno), Faith Birol ha anche affermato che questa incentivazione è stata equivalente a sovvenzionare ogni tonnellata di CO2 emessa (dalle fonti fossili così incentivate) con un equivalente di 110 dollari!
Se dal punto di vista ambientale questa incentivazione si configura oggettivamente come una scelta suicida, una sorta di incentivazione econimica -di fatto- alle emissioni climalteranti, d'altra parte questo sistema incentivante appare suicida anche a livello economico.
Infatti, un recente report del gruppo bancario HSBC prevede che già nel medio periodo potremmo aspettarci una sorta di "carbon hubble" ("bolla di carbonio"), collegata al rischio di grandi perdite economiche collegate a pregressi investimenti in risorse energetiche fossili che non potranno invece più essere sfruttate in ragione di diversi motivi tra cui l'evoluzione delle politiche a contrasto del climate change.
Infatti il report quantifica espressamente che se globalmente ci si impegnasse per contenere il riscaldamento climatico entro i + 2 °C (un obiettivo ormai peraltro di difficile perseguimento dopo la recente Cop 18 di Doha) il valore delle azioni delle major impegnate nelle fonti fossili potrebbe crollare del 40-60%.
Tale rilevante svalutazione sarebbe collegata al fatto che in futuro potrebbe non essere sfruttabile una parte considerevole delle riserve energetiche fossili da loro possedute: si tratta dell'"unburnable carbon", cioè il mancato sfruttamento di risorse energetiche non rinnovabili a causa di una concausa di riduzione della domanda energetica, di più stringenti norme di tutela ambientale, della competizione economica delle fonti rinnovabili ormai installate a livelli impensabili fino a pochi anni fa (e altrettanto economicamente ormai competitive con le fonti tradizionali e "sporche").
Il report del gruppo HSBC ipotizza, in particolare, che si potranno bruciare solo due terzi delle riserve provate di carbone, petrolio e gas, arrivando entro il 2020 ad un sistema energetico abbastanza diverso dall'attuale.
Con tutte le conseguenze economiche del caso tanto che, sempre secondo il report HSBC: "Crediamo che gli investitori non abbiano ancora valutato bene questo rischio, forse perché sembra così spostato nel tempo".
Serve quindi tagliare gli incentivi alle fonti energetiche fossili, sia in ragione degli alti costi ambientali collegati al loro utilizzo (al contrario delle fonti rinnovabili), sia in ragione del fatto che questi incentivi attuali rischiano ulteriormente di "drogare" il sistema economico orientandolo verso investimenti alle fonti fossili che sempre più sono destinate a cedere il passo alle fonti energetiche rinnovabili: questi investimenti verso un sistema drogato dalgli incentivi, tanto più, comporta il drenaggio di importanti risorse economiche verso gli investimenti green e low carbon, penalizzando ulteriormente il contrasto al climate change che continua purtroppo ed essere procrastinato.
In primis dal mondo politico, tanto che lo stesso Ban Ki Moon (Segretario Generale delle Nazioni Unite) in un recente convegno del Council on Foreign Relations ha testualmente detto: "Gli scienziati avevano da lungo tempo tirato il segnale di allarme e sottolineato le potenziali conseguenze, ormai ben conosciute, in particolare una spirale mondiale de fenomeni meteorologici estremi e di catastrofi, di migrazioni climatiche o ancora dei conflitti riguardanti risorse naturali in via di rarefazione. Nonostante questo scenario terrificante, troppi leader sembrano contentarsi di guardare alla questione dei cambiamenti climatici da una rispettabile distanza. Sono troppo pochi numerosi quelli che inscrivendo la lotta contro questa minaccia al centro di una gestione collettiva della sicurezza, economica e finanziaria. E' tempo di andare oltre le enormi somme di denaro promesse fino ad ora, per migliorare a situazione e consentire degli investimenti in grado di essere redditizi molto rapidamente, come il potenziale delle energie rinnovabili".
Il tutto alla luce di un cambiamento climatico che produce effetti sempre più costosi.
Lo Staff di Rete Clima®