WWF: le attuali politiche mondiali di riduzione dei gas serra non bastano
In occasione dei negoziati sul clima di Tianjin (in Cina) conclusi il 9 ottobre (si tratta dell’ultimo appuntamento fissato dalle Nazioni Unite prima del vertice di fine novembre a Cancun, in Messico) è stato presentato dal WWF il Report Plugging the gap (Chiudiamo la falla.....climatica).
Secondo il report, le attuali politiche di riduzione adottate dagli Stati mondiali potrebbero provocare un aumento globale di emissioni di gas serra di oltre un terzo il limite-soglia, ovvero, il livello di sicurezza indicato dalla comunità scientifica oltrepassato il quale si prefigurano eventi climatici catastrofici.
Il Rapporto mostra come le ultime analisi scientifiche indicano un inquinamento massimo di gas serra pari a40 gigatonnellate di gas CO2 equivalenti (GtCO2eq) ogni anno, fino al 2020, per evitare fenomeni catastrofici: purtroppo però pare che il mondo si avvii verso livelli molto più alti, tra le 47.9 e le 53.6 GtCO2/anno (i dati sono riferiti agli impegni di riduzione “ufficiali” delle principali economie mondiali, che pure non sempre vengono mantenuti!).
Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia dal luogo del summit: "È ormai chiaro come alcuni paesi stiano affrontando le necessarie trasformazioni delle proprie economie, mentre altri non sono riusciti a sostenere in maniera reattiva questo nuovo trend mettendo così a rischio la salvaguardia e la prosperità di tutti dai negoziati a Tianjin devono emergere segnali chiari di un cambiamento di rotta”.
Le opzioni per i paesi sviluppati prevedono la rapida trasformazione e riconversione delle industrie a maggiore consumo e il passaggio rapido a un’economia a 'bassa intensità' di carbonio (“low carbon economy”), assicurando contemporaneamente la garanzia di un sostegno finanziario alle azioni più avanzate di riduzione dei gas serra nei paesi in via di sviluppo; inoltre vanno anche regolamentati i settori (aviazione e trasporto marittimo) e gas serra che ancora non rientrano nel regime internazionale sul clima.
Se questi impegni dovessero fallire il mondo rischia di spendere oltre il limite possibile il 'budget' di carbonio ancora a disposizione, ovvero la quota complessiva di emissioni che possiamo ancora produrre prima di superare la soglia limite di 1,5 gradi C° di riscaldamento globale rispetto ai livelli pre-industriali.
Mariagrazia Midulla: "Anche un bambino saprebbe calcolare che se continuiamo ancora con una crescita di emissioni di 50 gigatonnellate di CO2eq (GtCO2eq) e oltre ogni anno, presto avremo esaurito malamente la nostra quota che ammonta, sino al 2050, al massimo a 900 gigatonnellate CO2eq. Dobbiamo ridurre le emissioni annuali, anno dopo anno e dividere la quota residua di CO2 che abbiamo a disposizione in maniera equa tra i paesi industrializzati, che già ne hanno speso la maggior parte e quelli in via di sviluppo che subiscono le conseguenze delle nostre azioni passate e che hanno diritto a svilupparsi, anche se vanno aiutati a farlo in modo ben diverso da quello insostenibile che ha caratterizzato i paesi già sviluppati".
In questa logica diventa estremamente importante il “fare”, anche evitando le dinamiche di impropria contabilizzazione che pure possono essere purtroppo collegate agli strumenti flessibili del Protocollo di Kyoto.
A fronte della sopraccitata quota di emissione massima annua di 40 GtCO2eq, si stima che le scappatoie nella rendicontazione nazionale delle riduzioni di gas serra possano portare a false riduzioni emissive, di portata non banale: calcolando due volte la stessa riduzione di emissioni o addirittura usando dati fittizi, annualmente vengono non-ridotte almeno 2.4 gigatonellate all’anno; il 'calcolo-doppio' nella finanza legata al clima e nel calcolo delle riduzioni prodotte dai progetti nei paesi in via di sviluppo (CDM) porta ad una riduzione fittizia di circa 1 gigatonnellata.
Al contrario, sostegni finanziari reali ed addizionali verso i Paesi in via di sviluppo per sostenere la loro transizione a economie a basso contenuto di carbonio, al di là degli impegni che già stanno attuando unilateralmente permetterebbero di ridurre il gap di 1.7 GtCO2eq.
Inoltre, recuperare una riduzione nei settori come la navigazione marittima o quella aerea insieme all’eliminazione dei crediti derivati dai CDM generati dai progetti che comunque si sarebbero dovuti avviare, potrebbe restringere ulteriormente il 'gap' di emissioni di altre 1,3 GtCO2eq.
Ora più che mai è arrivato il momento del “fare”, ed il report del WWF lo mostra chiaramente.
Lo Staff di Rete Clima®